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A
di Umberto Violante

All’alba Arianna, allieva attenta e assai allenata all’ascolto, si alzò allegramente dall’amaca appesa all’acanto, un albero accanto all’abitazione avita sulle alture dell’Alsazia.

Attraente e altera, si accostò all’armadio di acero azzurro affrescato da un abile artigiano di Asti e lo aprì. Apparvero alcuni abiti acrilici accatastati e altri ancora appesi alle apposite asticelle. Arianna li accarezzò, attenta a non ammassarli in un abbraccio ardente, indi accostò le ante e vi si appoggiò, ansimando per l’asma che l’angustiava dall’adolescenza.

Alcuni amici, ammessi in anticamera dall’attendente Agenore, applaudirono all’avvenente anfitriona apparsa sull’altana, in un abito audacemente attillato, aderente come un’anguilla, adattissimo all’affusolata e, ahimè!, anoressica Arianna.

“In alto gli animi e in avanti gli avambracci!” - acclamarono assieme gli astanti all’arrivo di aborigeni dell’Australia, avvinghiandosi in un amichevole, anzi appassionato abbraccio.

“Ad agosto abbatteremo gli ambiziosi Agnelli e annienteremo l’Avvocato!” arringò con astio un anziano ma arzillo aviatore dell’Alitalia, appena atterrato con l’aereo dall’Argentario, avventandosi sugli abbondanti antipasti allineati per l’abbuffata.

“Amatissimi amici, avete appetito? Andiamo, in un attimo avrete acciughe all’Ammiraglia, aringhe affumicate, astici, asparagi avvoltolati nell’alloro, abbacchio, arrosto, avocado e altro ancora. Accomodatevi”.

Così affettuosamente li accolse Arianna, aiutandoli ad accedere attraverso l’ampio atrio nell’attico attiguo, affacciato sulla Avenue.

All’attesa apparizione dell’aurora, alcuni aspiranti attori, abituali dell’ambiente di Altman e di Antonioni, si affollarono nell’arena come assatanati, agitandosi, abbrancandosi, alitandosi addosso come asini nell’afa di un agosto africano. Aspirarono addirittura l’acuto aroma dell’aglio e dell’aceto, assaggiati appositamente perché afrodisiaci.

Amareggiata per l’atteggiamento animalesco degli amici, Arianna si allontanò con un atletico albergatore, antipatico all’apparenza, ma altruista e ardimentoso, da anni accompagnatore dell’ava Adelina. Anacleto (così s’appellava) accettò un assegno dell’arcimiliardaria, che lo amava, ma non si azzardava ad ammetterlo; arrossendo le si accostò per l’addio.

Arianna avanzò fino all’angusto ascensore e, non avendo l’ascia, lo aprì con un’accetta. Allarmata per l’anomala assenza di Adolfo, un alano che, fra gli antenati, annoverava addirittura l’Alighieri, attese con ansia che arrivasse assaggiando degli amaretti su un’antipastiera d’argento; avendone poi abbastanza di attendere all’aperto, si agghindò con attenzione e si allontanò verso l’Arena, dove avrebbe assistito all’antigenerale dell’“Aida”, che attribuiva, assurdamente, all’abate Albinoni, autore dell’allegrissimo
“Adagio”.

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