L'acquario non è della Porto Antico
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Il Secolo XIX Giovedì 25 settembre 1997
L'Opinione

Ritengo estremamente interessante evidenziare una piccola imprecisione uscita dalla penna del bravo Mario Paternostro nello scrivere, venerdì 12 settembre 1997, il commento alla tormentata vicenda della gestione del prestigioso Acquario di Genova, vicenda sorta, come è noto a seguito della vendita della Costa Crociere. Scrive Paternostro che la Porto Antico S.p.A. è proprietaria della struttura ossia dell'Acquario. Ebbene, questo fatto non è vero! L'Acquario di Genova è del Comune di Genova, cioè di tutti noi, che lo ha dato in concessione all'inutile Porto Antico S.p.A. Ora la Porto Antico S.p.A. è una società per azioni, come la Fiat o l'Olivetti, ma il capitale sociale, e quindi il rischio, è tutto, ma proprio tutto pubblico. Quindi non è una vera società privata, nella quale il capitale è privato e il rischio pure. Siccome la giunta Sansa, Pds in testa, ha deciso di sottrarre al controllo del Consiglio comunale l'area cosiddetta dell'Expo, ecco la causa dell'imprecisione di Paternostro: è come se la Porto Antico fosse davvero la proprietaria e non una semplice concessionaria di beni pubblici dati a loro volta in gestione a terzi.

Nell'interesse della trasparenza della gestione dei beni pubblici, bisognerebbe allora chiedersi se l'intera vicenda della cessione della gestione sia davvero legittima o se non vi sia stato, se non un abuso, almeno un eccesso di disinvoltura da parte della famiglia Costa nel cedere ciò che forse non era cedibile. E, per favore, non mi sollecitate ad informarmi: ad ogni mia richiesta il dott. Picco mi ha sempre mandato direttamente all'Amministrazione Comunale, adducendo il fatto che la società da Lui presieduta non è soggetta al controllo dei consiglieri comunali (sic!). Vorrei ancora indicare che l'esortazione di Paternostro a completare l'indice di gradibilità di tutta l'area Expo con bar e negozi contrasta con il vigente piano commerciale che vieta insediamenti commerciali nel porto antico per non penalizzare il già penalizzato centro storico. Forse non è noto che i grandi negozi dell'area Expo hanno avuto una deroga dal Consiglio, contrario il Polo, dopo che essi avevano provveduto, presumo a fronte di qualche autorevole garanzia informale, ad investire qualche centinaio di milioni per avviare l'attività. Forse non si sa che i previsti insediamenti commerciali nella Marina del Porto Antico, dove troneggia la sigla Coopsette, non sono neppure passati dal Consiglio comunale essendo stato tutto deciso dalla Conferenza dei Servizi.

Ah, dimenticavo: con le finte privatizzazioni, che si chiamano Porto Antico, Ponente Sviluppo, a presidenza Pericu, Amga e simili, non solo si sottrae la società e il suo operato al controllo del Consiglio comunale ma, forse non senza interesse, le assunzioni non devono più essere fatte seguendo le "fastidiose" procedure per il pubblico impiego: possono essere più semplicemente decise al bar o dalle segreterie dei partiti!

Prof. Franco Bampi
Consigliere Comunale
(Forza Italia)

Genova, 15 settembre 1997


Il Secolo XIX Giovedì 25 settembre 1997
Il Commento

La bandiera di Famiglia sventola sull'isola del tesoro.

La trasformazione della Famiglia segue quella della città. Prima l’industria, l’olio, le navi. Poi il più importante e fino ad oggi, unico, oggetto di turismo di Genova, l’Acquario.

I Costa, se la Porto Antico spa proprietaria della struttura non avrà nulla in contrario, diventeranno i gestori in prima persona della macchina straordinaria che sta rilanciando la città sul mercato del grande turismo di massa.

Il proprietario, forse, potrebbe eccepire che un conto era l’affidare la gestione dell’Acquario, complessa struttura a metà fra la fiera e il superlaboratorio scientifico, alla Costa Crociere, grande impresa dagli orizzonti transoceanici con apparati di marketing avviatissimi, in altro discorso lasciare l’organizzazione delle vasche delle meraviglie a una società di famiglia. Per quanto si tratti di una famiglia esperta.

Ma sennò a chi passerebbe la gestione? Forse per Renato Picco, padre padrone del porto antico è meglio che non si aprano incognite sul fronte dell’Acquario che continua a tirare in maniera eccezionale anche se fino ad oggi, interno, non ha nulla o quasi.

La Porto antico dovrà impegnarsi ancora di più per completare l’indice di gradibilità di tutta l’area: ristoranti, bar, negozi, ma anche i servizi che lasciano abbastanza a desiderare.

Arriveranno presto altre sale cinematografiche a dare nuova vita, soprattutto notturna, a questo quartiere reinventato sui vecchi edifici del porto medioevale, un quartiere che vive bene di giorno, ma nelle ore serali si trasforma in una cattedrale spettrale dove è anche pericoloso passeggiare. Un quartiere che, nonostante gli sforzi, non è riuscito a legarsi con il centro storico che, di notte, fa da invalicabile barriera tra i moli e il centro città.

Sono problemi tutt’altro che facili da risolvere che hanno bisogno di un impegno molto forte sia da parte del Comune, sia da chi nel porto antico lavora e guadagna, quindi in primo luogo proprio dall’Acquario e da chi lo gestisce e lo gestirà in futuro.

L’Acquario, insomma, non può più restare un’isola fantastica, l’isola del tesoro, che confina da una parte col mare e dall’altra con i vicoli impenetrabili.

Sull’area del porto antico è necessario che tutta la città sia chiamata a discutere e non ad assistere da spettatrice alle decisioni prese in alto.

È indispensabile un serio approfondimento perché per far nascere il quartiere, se non si vuole soltanto ridurlo a perimetro dell’Acquario, non bastano sette sale cinematografiche e qualche ristorante.

Mario Paternostro