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Il Sole 24 Ore - Nord Ovest
Mercoledì 7 marzo 2007

PAGINE A CURA DI
Jada C. Ferrero


Infrastrutture. Senza Terzo valico il collasso è inevitabile

Il maxi-progetto dei porti liguri

Dall'autonomia finanziaria 4 miliardi
Le Autorità alle Fs: subito gli interventi

Si gioca sull'autonomia finanziaria e sull'effettiva capacità di essere sistema il futuro della portualità ligure. È quanto è emerso durante il Forum sulla logistica e le infrastrutture organizzato da «Il Sole-24 Ore Nord Ovest» a Genova. A confronto i presidenti delle tre Autorità portuali (Genova, Savona e La Spezia), l'assessore regionale ai Porti Luigi Merlo, i presidenti di Assoterminal, Luigi Negri, e di Unioncamere Liguria, Paolo Odone. Sotto la lente i limiti di sviluppo dell'intero sistema del trasporto marittimo, a partire dalle carenze infrastrutturali e dal ritardo delle grandi opere. I costi del "non fare" - nel settore - sono elevatissimi: lo ha ricordato il vicedirettore del Certet Oliviero Baccelli, che ha illustrato lo studio curato dalla Bocconi sulle strategie per l'autonomia finanziaria e l'intermodalità dei porti liguri. Il gettito fiscale prodotto dai tre scali sfiora i 4 miliardi: entro il 22 marzo è atteso il decreto interministeriale che quantificherà di quanto potranno disporne le Authority per costruire lo sviluppo. L'attuale situazione di stallo penalizza la competitività non solo della Liguria, ma di tutto il Nord-Ovest: 800mila teus, ogni anno, prendono la via dei porti del Nord Europa. Da qui anche un forte richiamo all'efficienza rivolto alle Fs: sui binari viaggia solo il 15-30% delle merci movimentate. Gli operatori, pertanto, si trovano in forte difficoltà e temono il collasso del sistema logistico.


Il futuro si gioca sull'autonomia finanziaria

Il gettito fiscale sfiora i 4 miliardi: dalla devolution gli strumenti per costruire lo sviluppo

 

LE POTENZIALITÀ
Dalla Liguria transita il 50%
dell'import-export italiano
I tre siti, con Trieste,
sono gli unici in Italia
ad avere il Piano regolatore

Metà dell'import-export delle merci containerizzate italiane passa dai 3 porti liguri. Una ricchezza enorme che, grazie alle giuste leve normative e a un abile gioco di squadra, se intelligentemente sfruttata; potrebbe produrre come risultato la realizzazione delle infrastrutture mancanti e sempre più necessarie al Nord-Ovest, generando ulteriore reddito. Un circolo virtuoso, cui potrebbero dare un fattivo contributo privati e banche. È questo il punto di partenza del Forum redazionale sul sistema portuale ligure, organizzato lo scorso 27 febbraio da «Il Sole-24 Ore Nord Ovest» a Genova presso la sede della Camera di commercio, che ha messo gentilmente a disposizione i locali. Le ricadute della devolution introdotta dalla Finanziaria 20Ò7, che avvia l'autonomia fiscale dei porti archiviando definitivamente i tetti di spesa ancora imposti dalla legge di bilancio 2006, sono stati posti sotto la lente di un articolato studio realizzato dal Certet (Centro di ricerca in Economia regionale, trasporti e turismo) dell'Università Bocconi, diretto da Lanfranco Senn, incaricato dell'indagine da parte di Ligurian Ports, l'ente che si occupa del marketing dei 3 porti liguri. Secondo il vicedirettore Oliviero Baccelli, il dato fondamentale da cui partire per l'esame dello scenario è proprio la quota del 50% di merci che transita dagli scali liguri: «E importante sia come valore assoluto per l'economia italiana, visto che il gettito fiscale prodotto annualmente dalle attività portuali della Liguria si avvicina ai 4 miliardi, sia perché è proprio sui tre porti che, quindi, si devono concentrare gli investimenti relativi sia alle banchine, che infrastrutturali, per il rilancio logistico. Oggi, per una serie di lacune, una parte dei mercati naturali dei porti liguri scappa. I costi del «non-fare» in questo settore sono elevatissimi. Gli investimenti devono essere effettuati evidentemente con logica di filiera: non si possono realizzare banchine senza pensare all'impatto della crescita sulla rete terrestre, strade, ferrovie e retroporti. Ma i porti liguri hanno svariati assi a portata di mano: insieme a Trieste, sono gli unici in Italia ad avere un piano regolatore approvato; ci sono progetti già ratificati, la scelta delle aree retroportuali ormai effettuata, potenziali di crescita e risorse, grazie alla futura quota di gettito innescata dal comma 990 della Finanziaria. Entro il 22 marzo dovrà essere emesso il decreto interministeriale che quantifica precisamente la quota, al di là della prevista integrale devoluzione dei diritti marittimi (somma annuale superiore ai 50 milioni, ndr). Completano l'insieme, l'interesse che iniziano a manifestare gli investitori privati - è fondamentale il coinvolgimento degli intermediari finanziari nella messa a sistema - e la volontà delle Autorità portuali di stimolare il rilancio del ricorso alle ferrovie, anche ricorrendo ai servizi di nuovi operatori». Secondo la ricerca Certet, una quota compresa fra il 3% e il 5% del gettito Iva sarebeb già sufficiente per consentire la sostenibilità di massicci investmenti infrastrutturali. Si stima che il valore complessivo delle merci importate dal sistema portuale ligure superi i 22,3 miliardi annui. Di questi, un valore di 7,9 miliardi transita via container.


Appello alle Ferrovie: siamo al collasso

Sui binari solo una quota compresa tra il 15% e il 30% delle merci: gli operatori in forte difficoltà

Sono le ferrovie il nodo che penalizza il sistema portuale ligure, insieme ai ritardi nelle grandi opere. I tre porti liguri oggi smaltiscono su ferro soltanto una quota compresa fra il 15% (Savona) e il 30% (Spezia) delle merci. Genova fa il 17 per cento. Incrementare il ricorso della movimentazione su binari è un assillo unanime dei presidenti delle tre Autorità portuali. Che ragionano su ricette e leve in molti casi comuni per elevare il grado di competitività del sistema. «La debolezza della Liguria e, aggiungo, dell'Italia, dal punto di vista logistico - aggiunge Paolo Odone, presidente della Camera di commercio di Genova e di Unioncamere liguria - è rappresentata dalle ferrovie. Se le Fs abbracciassero questa forte coesione strategica che avanza rispetto al nuovo concetto di finanziamento delle grandi opere, ne gioverebbe tutto il sistema. Con buona pace di quelli di Rotterdam. Se Moretti lo capisce, il meccanismo, legato a un sistema complessivo logistico, con dentro i porti a svolgere il ruolo di motore finanziario, può addirittura essere un modo per risolvere i problemi di Fs». La città, la regione ha perso molte occasioni dal punto di vista della competitività: non ha dubbi Odone, che pure si dice «un inguaribile ottimista». C'è la volontà di fare presto per il futuro del porto, aggiunge. «Occorre un ragionamento forte con le ferrovie, in particolare Rfi. Serve un piano strategico per fare il bene non solo della nostra regione, polmone portuale-trasportistico di tutta Italia. Il problema mobilità è un freno non solo per il porto ma per tutta l'economia». Come sistema camerale, conclude Odone,«siamo stati antesignani sul fronte infrastrutture: sul corridoio 5 già c'eravamo lO anni fa. Abbiamo messo d'accordo 35 Camere, con enorme slancio da parte di quelle svizzere, un appoggio più blando dalle tedesche e un rifiuto totale da Rotterdam». Adesso che il corridoio 24 è la priorità numero uno, «gli olandesi hanno aderito con grande partecipazione».

La posizione del M.I.L.

Portualità da rilanciare

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