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La perdita dell'indipendenza di Genova
raccontata da Divo Gori e Dario G. Martini

Fu l'Inghilterra, prima ancora dell'Austria, a volere la fine di Genova come capitale di uno Stato indipendente. Il 30 maggio 1814 lord Castlereagh, nel trattato stipulato a Parigi tra le potenze della coalizione antinapoleonica (Austria, Prussia, Russia e Inghilterra) era riuscito a fare inserire questo articolo segreto: «Il re di Sardegna rientrerà nel possedimento degli antichi suoi stati, meno una porzione della Savoia attribuita alla Francia. Egli riceverà un aumento del territorio collo Stato di Genova, il cui porto si conserverà libero: le potenze si riservano per gli ulteriori assetti di concertarsi in Vienna». Benché una parte dell'opinione pubblica inglese - quella rappresentata in parlamento dai Wighs, di cui lord Bentinck seguiva l'orientamento politico - fosse favorevole all'indipendenza della Repubblica Ligure, era prevalsa la tesi dei Tories al governo, guidati da Castlereagh, fedele ad un principio già enunciato dal Pitt nel 1805: «Afforzare siffattamente le porte d'Italia, che l'ambiziosa Francia non si veda abile a facilmente squassarle. La Repubblica di Genova nelle presenti condizioni d'Europa non può in nessuna guisa opporre per se stessa argine sufficiente, né dalla parte del Varo, né da quella del mare: deve quindi, e per rispetto alla sicurezza nazionale, essere congiunta agli stati di un Principe, il quale, già forte in sulle armi terrestri, vieppiù lo divenga ver questo importante congiungimento». È un po' strano che, puntando all'«afforzamento» delle porte d'Italia, Castlereagh ordinasse intanto la requisizione delle artiglierie genovesi, imbarcate sul vascello «Genoa» e portate in Inghilterra con merci di privati sottratte al portofranco e materiale vario sequestrato da una apposita «commissione delle prede».

L'argomento di Metternich

Il Governo provvisorio, avuto sentore dell'accordo del 30 maggio, tentò in ogni modo di opporsi alla volontà delle grandi potenze. Agostino Pareto ebbe colloqui con lord Castlereagh, con l'imperatore d'Austria, con Metternich, con il ministro russo Nesselrode. Tutti lo rinviarono alle decisioni del congresso di Vienna, lasciandogli capire, però, che la sorte di Genova era già decisa. E quando il congresso si riunì a Vienna, nell'ottobre del 1814, vani furono gli interventi di Antonio Brignole Sale, che pur era riuscito a conciliarsi le simpatie e l'appoggio della Francia e della Spagna. Napoleone aveva suggerito di far leva sull'imperatore Alessandro di Russia, ma Alessandro si preoccupava soltanto di ottenere dal congresso che, prevedendosi la estinzione del ramo primogenito dei Savoia, il diritto di successione spettasse al ramo cadetto dei Savoia-Carignano, onde evitare l'avvento al trono di Francesco IV d'Austria-Este genero di Vittorio Emanuele I. Brignole, fallita anche quest'ultima speranza, propose addirittura di «offrire Genova a un principe austriaco, ai Borboni di Parma; chiunque fosse purché non il Piemonte e Genova rimanesse autonoma. Invano».

L'argomento che pose fine alle discussioni e per il quale il 12 novembre fu deliberata l'annessione, accettando il punto di vista inglese, venne addotto da Metternich, su astuta istigazione dell'abile rappresentante sardo al congresso, marchese di San Marzano: era necessario decretare la fine della Repubblica Ligure perchè «in Genova cominciava a formarsi un centro rivoluzionario, il quale teneva pratiche ed intelligenze segrete con tutti gli amatori dell'indipendenza italica e delle libere istituzioni».

Dallo studio di Arturo Segre su «Il primo anno del ministero Vallesa» sappiamo che Vittorio Emanuele I sarebbe stato propenso a mutare il nome del suo Stato, chiamandolo «regno di Liguria», anziché di Sardegna. Per non offendere la suscettibilità del Piemonte e della Savoia, «il congresso di Vienna respinse la domanda. Di fatto l'opposizione era dovuta all'Austria, la quale non ignorava certo il significato antico del nome di Liguria, e come questa ai tempi dell'impero romano si estendesse su tutte le terre lombarde».

Il 26 dicembre 1814 il Governo provvisorio della Repubblica rassegnava le dimissioni. Il 3 gennaio 1815 il commissario plenipotenziario del regno sardo, Ignazio Thaon de Revel giungeva nella Superba e il giorno 7 riceveva i poteri, in nome del re Vittorio Emanuele I, da parte del colonnello Darlymple, comandante le truppe inglesi d'occupazione.

A Vienna, in quel giorno, il segretario di Antonio Brignole Sale scriveva: «La Serenissima Repubblica di Genova è infine perita sotto i colpi mortali dell'ambizione e della rivoltante ingiustizia dei monarchi d'Europa».

tratto da Divo Gori, Dario G. Martini, La Liguria e la sua anima, 4a edizione, Sabatelli, Savona, 1967 p. 443-445.

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