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Questa pagina è tratta dal sito I corpo dei bersaglieri nella storia ed è stata de me qui riprodotta in data 17 agosto 2004.
I commenti sono miei.

 

Pagina originale http://digilander.libero.it/fiammecremisi/genova.htm

 

Genova in rivolta

a repubblica marinara di Genova, una delle quattro superstiti con Venezia all'inizio della rivoluzione francese, (1) era stata ceduta al Piemonte coi trattati di Vienna del 1815. La sua potenza sui mari, la grandezza dei suoi capitani, da Colombo ai Doria, si era esaurita ancor prima della rivoluzione francese, tant'è che la Corsica era stata venduta per rimpinguare le casse dello stato. (2) La prima potenza navale ora è l'Inghilterra, che ha navi in ogni porto e mette naso in tutti gli affari italiani. Il passaggio dalla repubblica alla monarchia di Vittorio Emanuele I è tangibile anche in porto, dove non si lavora. I potenti camalli, scaricatori di banchina, ne sono il termometro.Genova: porto vecchio Nell'economia del sette-ottocento, succede frequentemente che gli scambi si riducano, non perchè ci siano divieti alle importazioni o dazi tali da impedirne l'esecuzione, ma solo perché è vietata o soggetta a dazio l'esportazione delle merci. Tale stato di cose, comprensibile per i prodotti della natura che se esportati creano una rarefazione sul mercato con gravi conseguenze sociali, non si capisce per il prodotto industriale soggetto a più variabili. L'aumento della produzione, anche agli occhi di non esperti sarebbe la soluzione migliore, ma qui entrano in campo altri fattori come la cultura agricola e industriale, l'istruzione e non ultimo la miglior organizzazione del lavoro e del ciclo produttivo. Fattore questo che avrà a che fare a breve con le rivendicazioni salariali degli operai e della nuova borghesia. Tutto quello che avviene fuori dalla Liguria è filtrato ancora con gli occhi del Balilla del 1746, con l'affronto di una sconfitta (Novara) che non sentono, di un futuro che può essere anche peggiore del presente. Gli austriaci, si dice, arriveranno a Genova un'altra volta. Il 25 marzo 1849 il comandante la Piazza Gen. De Asarta delibera lo stato d'assedio. Si costituisce intanto fra i rivoltosi un triumvirato con a capo Giuseppe Avezzana, comandante la Guardia Nazionale di fede Mazziniana. Armati anche i camalli, il 31 marzo inizia la caccia al Governativo. E' una strage senza precedenti per ferocia, (3) che non lascia presagire nulla di buono. (4) I frati cappuccini cominciano pietosamente ad assistere e curare i feriti, a seppellire i morti. Il 2 aprile quello che resta del presidio regio (carabinieri e granatieri) esce dalla città. Dal Nord, lasciati i problemi della successione al trono, cala Alfonso La Marmora con un grosso corpo di spedizione (oltre 19.000 uomini), con 2 battaglioni bersaglieri tratti da diverse compagnie. I numeri che spesso si leggono sono di una consistenza anche superiore, ma si commette probabilmente l'errore di inglobarvi anche la divisione lombarda (quasi 6000 uomini) allora in arrivo sulla costa. Questi uomini sono già circondati da un aura antimonarchica e il loro impiego in Genova è fuori discussione, anzi c'è il rischio che s'uniscano ai rivoltosi. Per questo a Chiavari dove alloggiano viene fatto di tutto per fornire loro, quello che in 12 mesi di campagna, non è stato possibile dare: vestiario, scarpe, cibo ed alloggio. Gli inglesi, a Genova con una loro nave, hanno già minacciato di sparare sui rivoltosi dal 29 marzo. Al termine della rivolta al Capitano di vascello Lord Charles Philip HARDWICKE della Marina di S. M. britannica viene assegnata una Medaglia d'oro al Valor Militare per i servizi resi al Governo Piemontese nel ristabilimento dell'ordine a Genova quale Comandante della VENGEANCE. (5) La minaccia probabilmente è degenerata. Il 4 aprile l'attacco piemontese, preceduto da colpi di cannone che finiscono per errore su un ospedale, si spiega su tre colonne ciascuna rinforzata da una compagnia di bersaglieri.  Fra i combattenti ha fatto intanto la sua comparsa Alessandro La Marmora superiore del fratello. Diversi ufficiali dei bersaglieri, Pallavicini, Ferrè, Grosso-Campana e piccole squadriglie erano state inviate per occupare dal mare moli e porte della città (degli Angeli), allora fortificata. Le navi inglesi dal mare hanno aperto il fuoco, a loro si attribuiscono i colpi dell'ospedale di Pammatone, che fanno 107 vittime. Tutte e quattro le compagnie dei capitani Cassinis, Longoni, Viarigi e Canosio ora sono impegnate negli scontri furibondi che si sono aperti. Il giovedì santo la 2a compagnia conquista forte Begato dove rimane gravemente ferito Alessandro de Stefanis. (6) Alle cinque del pomeriggio del 11 aprile la lotta si spegne dopo che nella città sono stati perpetrati saccheggi, rapine, fucilazioni sommarie, violazione di chiese. Il numero preciso dei morti e feriti non si saprà mai, ma certamente si avvicinò al migliaio. I reggenti comunali stileranno una lista di 463 persone che avranno subito violenza, (7) e 250 genovesi saranno sepolti nella cripta della chiesa dietro Piazza Corvetto. Da parte Regia ci furono condanne contro militari per una situazione sicuramente sfuggita di mano. (8) Da Genova città di mare e quindi già portata alla marineria, non verranno bersaglieri per molti anni, se non per espressa richiesta d'arruolamento. In occasione del raduno del 1994 a parziale gesto rappacificatore l'unico rappresentante in Italia dei Savoia, il duca Amedeo d'Aosta porgeva le scuse alla città. Il caso dopo 145 anni poteva considerarsi chiuso. (9)

 

Commenti al testo

(1) Per tradizione le repubbliche marinare sono quattro: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia. Ma Amalfi è sconfitta da Pisa nel 1135; Pisa è sconfitta da Genova nel 1284. Le uniche due repubbliche che giungono all'epoca di Napoleone, e quindi "superstiti all'inizio della rivoluzione francese", sono la Repubblica di Genova e quella di Venezia.

(2) La questione della cessione della Corsica è molto complicata per potersi riassumere in breve spazio, ma non si può accettare che fu ceduta per far cassa! Vito Vitale nel suo Breviario della Storia di Genova, Genova 1955, dedica un lungo capitolo alla questione e ne spiega compiutamente i retroscena anche di carattere internazionale. Qui cito solo che la cessione fu subita e non voluta dai Genovesi i quali inserirono nel trattato una clausola secondo cui, cito dal Vitale «la Repubblica potrà rientrare in possesso dell'isola quando vorrà, previo pagamento di tutte le spese fatte dalla Francia nell'isola». E quando nel 1789 l'Assemblea Costituente francese dichiara la Corsica parte integrante del territorio francese Genova protesta dimostrando che «non rinuncia all'applicabilità della clausola del riscatto né alla speranza che eventi più favorevoli le consentano di esercitare il suo diritto» (Vitale).

(3) Questa affermazione è grave. In tutta la documentazione da me riprodotta solo un articolo apparso sul Secolo d'Italia cita il caso di due morti tra le forze piemontesi (senza per altro citare la fonte). Ma nessuno parla di "feroce strage senza precedenti"! Per valutare l'attendibilità dei fatti è necessario conoscere la fonte da cui sono tratti. Sarà mica il libro scritto da La Marmora «Un episodio del Risorgimento italiano»?

(4) Una sintetica, ma completa descrizione dei moti dell'aprile 1849 è quella svolta nell'articolo di Gian Guido Triulzi.

(5) Non si comprende se furono i Savoia ad assegnare l'onorificenza. Comunque ben diverso fu il comportamento nei confronti del bersagliere Alessio Pasini che si oppose al massacro dei genovesi. Riferisce Gian Guido Triulzi: "Il Municipio poi gli decretò una «daga d'onore» che, nonostante le proteste del La Marmora (che aveva anzi intentato un processo contro di lui) gli fu consegnata da Raffaele Rubattino in Francia, dove - disertate le regie file - si era rifugiato".

(6) Alessandro De Stefanis, giovane di 24 anni, nato a Savona fu gravemente ferito ad una gamba. Trascinatosi a stento in una vicina capanna, fu visto dai suoi feritori (i bersaglieri) che barbaramente si scagliarono su di lui, coprendolo di ferite e lasciandolo per morto. Fu trovato da un contadino, che lo ricoverò in casa sua; ma spirò il 4 di maggio dopo quasi un mese di atroci sofferenze.

(7) Si veda la Relazione della commissione per l'accertamento dei danni tenendo presente che questa nota dei danni, fa unicamente capo a furti, stupri, rapine e altro, perpetrati da singoli o gruppi di soldati contro la popolazione, ma non fa riferimento ai danni ed alle morti procurate dal furioso cannoneggiamento effettuato dalle truppe di La Marmora contro la città, che colpì in particolare l'ospedale di Pammatone.

(8) Chi cita improbabili punizioni a carico della soldataglia responsabile del Sacco è La Marmora nel suo libro «Un episodio del Risorgimento italiano». Noto, invece, che non sono citate le condanne a morte irrogate da Vittorio Emanuele II a moltissimi patrioti genovesi (anche se poi amnistiate). Lo stesso Lorenzo Pareto fu tra i condannati.

(9) Ma nemmeno per sogno! Tutta la documentazione significativa, tratta dai giornali dell'epoca è reperibile alla pagina Raduno a Genova dei bersaglieri. Qui ricordo solo due cose. La prima riguarda i bersaglieri: il generale in congedo Gianni Romeo ha avuto parole di sufficienza: «Riappacificazione? Mah, chiamiamola pacificazione degli animi...», quasi a rifiutare la grave responsabilità storica che pesa sul corpo e su Alfonso La Marmora, fratello del suo fondatore. La seconda riguarda i Savoia, famiglia divenuta ricchissima a spese degli italiani, per i quali non bastano le scuse: occorre il risarcimento dei danni! Fermo restando che l'ingiuria scritta da Vittorio Emanuele II (i genovesi sono «una vile e infetta razza di canaglie») è indelebile.

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