Bambini e ragazzi La parola figeu è il modo generico per indicare un bambino. Se è un infante o un bambino in fasce diciamo figeu da læte o da nasción. Talvolta si usa anche il termine banbìn, ma o Banbìn è Gesù Bambino. La voce popón è registrata dal Casaccia come fantoccio, figurina vestita da uomo, ma è anche usata per indicare un bambino piccolo come nel canto tradizionale fâ a nanà popón de péssa che a mamà a l’é andæta a méssa (dormi piccino di pezza che la mamma è andata ammessa). Un fanciullo è detto bagarìllo, mentre un ragazzino può essere indicato come un gardétto oppure come un garsonétto. Come in italiano la parola pivèllo o, meglio, pivétto indica una persona giovane e inesperta, mentre un monello viene detto batôzo e se è particolarmente petulante e arrogante possiamo usare la parola peteu. Bella è la parola bardasciàmme o anche bardàscia per indicare un giovinetto che faccia delle bardasciâte (fanciullaggine); di identico significato è la parola figioâme. Un giovane è detto zóveno, parola che, per dileguo della v, diventa zoêno: si noti lo spostamento dell’accento dalla o alla e dovuto al rifiuto che la parlata di Genova centro mostra nei confronti degli iati; nel Ponente ligure, dove non si ha questo rifiuto, si dice zóeno, senza alcun spostamento d’accento. Come in italiano giovanotto si dice zovenòtto o zoênòtto. Si noti infine la parola fìggia, che oltre a denotare la figlia, indica anche una ragazza come nella frase a l’é ancón fìggia per indicare una ragazza non sposata. Questo secondo significato non si ha per il maschile fìggio (figlio). Dôve són tùtti-i strazétti ch’àivo fæto bardasciàmme Franco Bampi Tutte le regole di lettura sono esposte nel libretto Grafîa ofiçiâ, il primo della serie Bolezùmme, edito dalla Ses nel febbraio 2009. |