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la Repubblica Giovedì 28 aprile 2011

Messa in genovese - Preghiamo "u Segnô"

Nella chiesa di Santa Zita il cappuccino padre Casalino recita la funzione in dialetto. Distribuito un depliant

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Sull'altare si parla in genovese. Padre Casalino saluta i fedeli in dialetto, poi alza gli occhi al cielo e prega "u Segnô". Parrocchia di Nostra Signora Assunta e Santa Zita ore 18: nella chiesa gremita di fedeli, il Coro Tetracordo del maestro Paolo Vigo dà l'apertura ad una messa davvero particolare. Terminato il canto, Padre Vittorio Casalino dei Cappuccini, si avvicina al pulpito e in perfetto dialetto genovese dà il benvenuto al suo gregge e introduce la funzione religiosa.

L'AUDIO

La messa prosegue in italiano per qualche minuto fino a giungere all'Omelia, dove padre Casalino in occasione della memoria liturgica di Santa Zita, torna al vernacolo e ripercorre la biografia della santa lucchese ricordando a tutti i presenti la generosità della santa verso i poveri, la sua dedizione al lavoro e la sua bontà d'animo.

Nonostante gli anziani siano più avvantaggiati, padre Casalino parlando lentamente riesce a farsi capire chiaramente anche dai giovani, meno preparati sul dialetto, e per permettere a tutti di seguire, all'ingresso è stato distribuito un depliant che riporta il testo e i canti tradotti in italiano.

Insomma, un modo diverso e originale di comunicare con i fedeli, e contemporaneamente un modo per riscoprire la cultura del nostro dialetto, una cultura che nelle nuove generazioni sta quasi completamente scomparendo. Un metodo unificante, già sperimentato nel 2003 da don Sandro Carbone, rettore del santuario della Vittoria per concessione dell'allora arcivescovo Tarcisio Bertone.

La messa in dialetto tuttavia non incontra il gradimento delle ale più conservatrici della chiesa che vorrebbero un ritorno ad una liturgia più tradizionale e più consona alla sacralità dell'atto, ma i sostenitori di tale pratica negano questa interpretazione sostenendo che la chiesa deve prima di tutto essere vicina ai fedeli e che per fare questo la celebrazione eucaristica deve introdursi nel loro tessuto culturale.

RODRIGO NOSCO

La chiesa di Santa Zita in corso Buenos Aires

 

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