Siamo tristi? Colpa del Pds
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Il Lavoro - Repubblica Martedì 11 febbraio 1997
Intervento

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I successi calcistici e le amarezze della politica

Riceviamo e pubblichiamo.

È domenica, ma non si gioca al calcio: c'è l'impegno della nazionale! E forse questa pausa induce Lei, dott. Gia, ad una riflessione che, prendendo a pretesto le vicende calcistiche, mette candidamente a nudo l'apatia e la rassegnazione di una città che da tempo ha accettato il proprio declino senza lottare, senza combattere, quasi non vi sia altro da fare che aspettare la fine. Come mai Genova non sorride? Lei si chiede. Sarà banale ma, dico io, che c'è da ridere? Genova è una città oppressa dalla sorte che, cominciata alla fine dell'Ottocento con l'industria pesante, ha fatto dell'industria di stato la principale risorsa per il suo sviluppo: il crollo della partitocrazia e dell'assistenzialismo industriale, che sopravvive ormai solo per la Fiat cui Prodi regala due milioni per auto, è stato il crollo di Genova. Tutto va via dalla città e persino industrie che potrebbero funzionare (le fonderie San Giorgio di Pra) chiudono producendo nuova e gravissima disoccupazione.

Sono da poco in politica, ma non intendo permanervi accettando la logica dell'ineluttabile e del compromesso, il culto della parola e dell'analisi, il rimedio della raccomandazione e dell'esodo. Per questo bisogna che i cittadini capiscano, e capiscano bene, dove sta il guasto e quali siano i rimedi. Su queste colonne Manzitti scriveva del grigiore dell'amministrazione cittadina oramai tutta monocorde, piatta e opaca: tutta pidiessina! Nulla, dico nulla, emerge dai burocrati di partito e di stato, dai professionisti della politica, dagli sproloquiatori di sempre, dai vaniloquenti intellettuali, da questa classe di politicanti "d'autore" che nulla sanno, ma che tutto amministrano.

È possibile che in una nazione dove, dall'usciere al Presidente della Repubblica, la gente fa a gara per compiacere il Pds, che della mera gestione del potere ha fatto l'unico scopo della propria attività, nessuno sappia intervenire per rilanciare l'Italia? è possibile che a Genova la classe imprenditoriale ossequiosa al potere pidiessino si possa accontentare di un posto da sovrintendente all'Opera o di presidente di una Fiera? Vede, caro Gia, il maggior danno che il comunismo ha fatto, e che è prepotentemente presente nel post-comunismo pidiessino e nel neo-comunismo rifondatore, è quello di far perdere il desiderio, la spensieratezza, la giovialità, l'umanità, la voglia di "darsi da fare" che per otto secoli ha contraddistinto il popolo genovese.

Oggi la politica che muore ha consegnato città, provincia e regione in mano a chi ha portato Genova e la Liguria esattamente dove sono ora: al declino, alla morte della speranza. Abbiamo così un sindaco tanto intelligente, quanto disastroso nell'amministrare, una presidente della provincia da fumetto (SuperMarta è la compagna di Nembo Kid?), un presidente della Regione, mancato catecumeno, agli ordini del suo onnipresente vice. Spartizioni delle cariche, occupazione dei posti permanenti nelle istituzioni, consulenze per esperti (che importa se sono anche amici?), e scelte in spregio alle aspettative della gente (inceneritore, corso Europa, treno veloce, per citare le più recenti) con la precisa volontà, ne sono convintissimo, di demolire tutti i simboli della nostra città, dalla Lanterna al monumentale cimitero di Staglieno, per farci scendere nel limbo della monotona piattezza, del livellamento che assopisce, del torpore che prelude al regime.

Ma, mi creda, sono ottimista: un popolo fiero e tenace come quello genovese non può non capire che è finalmente ora di cambiare, che dal sonno ci si sveglia e che al mattino le energie sono fresche e disponibili. Sarà difficile e faticoso: la rinascita di Genova si avrà quando i cittadini capiranno che non possiamo più permetterci questa amministrazione, che i costi della sinistra al potere sono insopportabili, che la truffa delle sinistre che opprimono, invece di difendere, il ceto debole deve finire. Io sono qui per questo, per Genova, per i miei concittadini, ma sono prontissimo ad abbandonare la politica se non riuscirò a far risvegliare l'orgoglio di tutti noi e a far alzare la testa a Genova come alte devono essere le code e le ali dei grifoni che, dal milleduecento, ne reggono lo stemma.

Prof. Franco Bampi
Consigliere Comunale
di Forza Italia

Genova, 9 febbraio 1997


Il Lavoro - Repubblica Domenica 9 febbraio 1997
Fondo: Genova perché non sorridi?

Un dibattito da aprire.

In questi giorni, almeno nel calcio, Genova vive un momento di grande successo. La Sampdoria è seconda in classifica, contro tutte le opinioni, pessimistiche e anche ottimistiche, d’inizio anno. Eppure non si sente, in città, un moto di gioia, una vibrazione entusiasta, una soddisfazione intensa e orgogliosa. Non si sente, o forse noi siamo diventati aridi e sordi, l’atmosfera contagiosa che solo sette anni fa accompagnava la società di Mantovani in vetta alla classifica. Non si sente, né si vede, quello che le cronache raccontano di altre città, "baciate" dal pallone in questo pazzo campionato: Vicenza, Bologna, Bergamo. Certo, i sampdoriani sono felici, discutono animatamente negli uffici e nei bar. Ma l’entusiasmo, contagioso, di solo pochi anni fa è, per ora, un ricordo. Facile liquidare tutto con formulette amichevoli ("è scaramanzia") velenose genoane ("sono rimasti in pochi") o sociologiche sportive ("è la fine del calcio"). Facile e sbagliato: non esiste controprova da parte genoana, ma è più di un sospetto che anche sull’altra sponda un "momento magico", come si dice in gergo, non sarebbe vissuto con lo stesso trasporto, la stessa gioia di un tempo. Colpa di Enrico Mantovani? Colpa di Aldo Spinelli?

No, anche queste sono risposte troppo facili. E qui il discorso abbandona il calcio: la situazione della Samp (ovviamente: complimenti) è solo un pretesto per guardare un po’ più a fondo nel cuore e nell’anima di questa città. Se è vero che il calcio resta lo spettacolo per eccellenza, l’unico avvenimento ancora in grado di muovere grandi masse (poco importa se allo stadio o davanti alla tv) c’è davvero di che stupirsi per una città che reagisce con distacco, se non con freddezza, all’impresa blucerchiata. Sia ben chiaro: lo stadio è in festa, i tifosi anche. Ma la domenica. Punto e basta. Poi si torna, tutti, in un’atmosfera ovattata, in una nebbia maligna dall’umore cupo. E allora la domanda è una sola: forse Genova ha perso il sorriso? La crisi, le incertezze, anni di passi indietro hanno tolto alla città e ai suoi abitanti la voglia di ridere? C’è davvero un’atmosfera grigia che toglie alla vista il sole, il futuro, i segnali di ripresa (dal porto al centro antico) che sicuramente ci sono? E se tutto questo è vero, come si può ridare a Genova la voglia di ridere? Il dibattito è aperto

(l.g.)
Luigi Gia


Il Lavoro - Repubblica Martedì 11 febbraio 1997

Enzo Costa Di questo spasso
Se Genova non ride Bampi è incavolato nero

Lunedì 17 febbraio - L'ex leghista già polista nordista ora forzitaliano Franco Bampi colpisce ancora. La scorsa settimana era intervenuto sul tema "Perché Genova non sorride?" con un articolato commento così sintetizzabile: la colpa è di Sansa, della Vincenzi, di Mori, di Mazzarello, e della sinistra del passato, del presente e del futuro. Significativa anche la documentata denuncia sulla compiacenza di tutti verso il Pds (testuale, "dall’usciere al Presidente della repubblica"). Oggi il sereno Bampi dice la sua sul tema "Perché il cielo è nuvoloso?": "La colpa" bofonchia stizzito "è di Montaldo, di Guala, della Profumo, di Cerofolini. E della sinistra del gerundio, del participio presente e del futuro anteriore!" Segue ficcante denuncia sui servi del Pds: "Dal bidello la Presidente della Corte Costituzionale!"

Giovedì 20 - Nuova acuta riflessione di Franco Bampi sul tema "Perché ho beccato una multa per sosta in doppia fila?" "La colpa" sibila il pacioso Bampi "è di Burlando, di Benvenuti, di D’Alema, di Berlinguer, di Togliatti, di Gramsci, di Lenin, di Marx e dei suoi fratelli, e della sinistra del congiuntivo imperfetto, del condizionale e dell’imperativo!" A seguire, ennesima pregnante denuncia sugli adoratori del Pds: "Dal netturbino al Re di Spagna!".

Domenica 23 - Convegno genovese dal titolo "Ma davvero Genova non sorride?" Al termine dei lavori, gli psicologi intervenuti stilano un referto congiunto: "Risulta problematico determinare se Genova sia più o meno allegra. Appare invece scientificamente certo che Franco Bampi è costantemente incazzato nero". All’illuminante diagnosi si associano l’usciere, il Presidente della repubblica, il bidello, il Presidente della Corte Costituzionale, il netturbino e il Re di Spagna.


Nota

Il riferimento alla code dei grifoni che reggono lo stemma di Genova segue da una dichiarazione rilasciata da Ubaldo Benvenuti, segretario provinciale del Pds genovese.

  • Il Secolo XIX - Giovedì 6 febbraio 1997. E il Polo? Forza Italia non ha fatto una proposta. "Una sola e non sto scherzando: quella di drizzare la coda ai grifoni dello stemma della città"
  • Il Lavoro - Repubblica - Giovedì 6 febbraio 1997. È critico, Benvenuti, quasi più con Rifondazione che con il Polo, che si limita ad accusare di non aver alcuna idea di città e di aver pensato a risollevare le sorti di Genova solo facendo raddrizzare le code dei grifoni nello stemma cittadino.

Benvenuti si riferisce ad una mia interpellanza, presentata il 9 luglio 1996, che prendeva spunto da posizioni pubbliche delle associazioni "A Compagna" e "Arge" e che ebbe eco sulla stampa cittadina, nella quale appunto chiedevo al Sindaco di intervenire per far porre le code dei grifoni ben alte e del tutto fuori dalle gambe, come per sette secoli furono rappresentate nello stemma della gloriosa Repubblica di Genova e che furono abbassate solo dopo la coatta annessione del 1815 al Regno di Sardegna, stabilita d'imperio dal Congresso di Vienna.