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Il Giornale

Mercoledì 29 marzo 2006


UN DIBATTITO AFFASCINANTE

I nostri guai? Tutta colpa di Garibaldi

La ricerca delle origini si impone come sostanza spirituale

Nicla Ghironi

Io mi auguro che diventi una moda la ricerca dell'identità. Perché sono solo le mode che hanno il potere di una dilagante divulgazione. La moda come espressione frivola paradossale e accattivante (vedi sarti) del genere umano, ma anche come spia di un malessere profondo, di un disagio individuale e collettivo che ha perso di vista ogni e qualsiasi punto di riferimento. Nel qual caso che si fa? Si galleggia come ogni sostanza estromessa, s'inventano lenitivi e si varano provvedimenti politici amministrativi e personali in stridente guerriglia con le aspirazioni più umane di agglomerati preda dello sbandamento. Chi siamo e dove andiamo. Più o meno ne siamo a conoscenza sotto il profilo biologico, ma noi siamo anche (se non soprattutto) Storia, Memoria, Spiritualità, Emozioni, Amore, Violenza, Odio, Contraddizione, Mistero, Fede. Domande leopardiane rivolte all'algida luna, che spiove luce spettrale su di noi in notti senza stelle e verso la quale oggi non possiamo nemmeno più concederci fantasie sublimali, ne conosciamo il suolo.

Assolutamente affascinante il dibattito suscitato sulla cronaca genovese del Giornale. Io, nel mio mestiere di scrittrice che vive fra Milano e la Lunigiana, auspico che ogni quotidiano nazionale apra un dibattito sui temi dell'identità: perché la scrittura giornalistica e quella altra non si smarchi dal suo dovere, che è informazione pura, ma anche suggerimento di stile, di cultura e di trasformazione. Empowerment dunque, il potere più autentico dell'informazione e della conoscenza.

Senza voler fare della sociologia a buon mercato - non ne ho facoltà - è necessario sottolineare i malesseri disperanti della nostra epoca, a livello planetario. Dove tutto si decompone sotto i nostri sguardi e si ricompone in metamorfosi spesso kafkiane. Vedi le guerre guerreggiate, preventive, lampo, tecnologiche, strutturali anche? Simbiotiche al genere umano? Vedi la fame, la morte per fame di milioni d'individui che premono alle porte di un Occidente opulento. Vedi le malattie, nuove, nuovissime e oscure che assaltano i corpi e le menti. Vedi un Pianeta che si prepara al suo declino. Vedi poi, insieme a milioni di altre spie, le risoluzioni solitarie, qualche volta aberranti e mai capaci di produrre una metamorfosi collettiva.

Ebbene, è in tale quadro che la ricerca dell'identità si propone con prepotenza, come sostanza spirituale, dimensione intellettuale e materiale alla portata delle genti di questo Mondo.

Genova superba, colma di vento e di ardore e come in bilico sul lago del Marenostrum. Genova subito in salita e immemore del suo naturale entroterra, la Lunigiana. Fazzoletto di terra, questa, ignorato, che sopravvive straccione sotto una luna spettrale, che naviga su antichi manieri posti fra l'Emilia, la Liguria e la Toscana.

Genova non solo per mare, Genova anche per terra. Sta qui il nocciolo della sua identità totale. Le genti della Lunigiana sono apuo liguri e aspirano alla riunificazione. Le genti della via Francigena per quali cammini? Verso Roma, certo, ma anche verso il mare, per Santiago di Compostela. Allora i tratti e le connotazioni specifiche degli apuo liguri seminati lungo percorsi antichi.

Le genti lunigianesi sono state invece esiliate e incapsulate, sospese sulle origini sepolte di Luni e attratte da montagne valicabili. Genova, Parma, La Spezia, Carrara e le sue pareti marmoree sono in grado di emettere una voce comune? Elettori locali, delegati dal popolo sono sensibili ad aspirazioni tanto profonde e sconvolgenti? Novità istitutive e culture dimenticate possono trovare proposte in grado di pacificare gli animi, scovando soluzioni economiche produttive e spalancate?

Pensare a Regioni confederate su base identitaria significa espansione economica, apertura mentale e produzione sul terreno della materialità. Pensare a un'Italia confederata vuol dire dare maggiore compattezza a una Nazione. Usa docet.

Avevo un carissimo amico, giornalista Rai, un milanese purissimo, oggi non c'è più. Il quale si divertiva a dire «tutti i nostri guai derivano dall'unità d'Italia, un'unità forzata, innaturale, foriera di presagi non propriamente felici. Tutto questo lo dobbiamo a quel cretino di Garibaldi, che per correre dietro a una gonnella, piglia e va in Sicilia, con tutto quel che segue...».

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