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Il Giornale

Domenica 5 marzo 2006


NESSUNO PENSI AL POSTO DI ALTRI

Quella bufala romana del dio Giano e di Genova

L’identità esiste se alcuni
ritengono di sentirla vera

QUANDO LE LEGGENDE SEMBRANO REALTÀ
La città non prende il nome dalla divinità ma dalla radice indo europea «Ge-nw-a»

Emanuele Franchini Faliero

Vorrei intervenire sulla polemica sviluppatasi sulle pagine del Vostro quotidiano e richiamarmi agli scritti del Signor Giacomo Petrella e del Signor Rino Di Stefano.

Quale differenza di stile e di espressioni tra i due! L'uno (il Petrella) impone, l'altro (il Di Stefano) espone. E mentre l'esposizione dell'uno, che può essere o meno condivisa, prende spunto da scritti di noti esperti in protostoria e antropologia, l'imposizione dell'altro proprio quando cerca in fatti scientifici l'avvalorarsi della sue idee si svuota di contenuto. Io credo che l'accusa di costruttore di verità rivelata il Petrella dovrebbe rivolgersela a se stesso.

Infatti prima di esaminare i «postulati» del Petrella vorremmo che lo stesso non si prendesse la briga di decidere lui, per conto degli altri, se esista o meno una identità ligure; se alcuni liguri ritengono che tale identità esista vuol dire che per tali persone esiste; si potrà discutere se la «vis» dell'identità sia tale da giustificare un'autonomia o una indipendenza e sulla liceità/convenienza di ciò, ma nessuno può permettersi di pensare al posto degli altri, a meno che quella firma in calce «Editorialista La Destra» non indichi l'appartenenza del Petrella a quella Destra di nefasta memoria che pretendeva di imporre il nome Falconieri ai Germanofoni d'Alto Adige che si chiamavano Faulkner o il nome Bevilacqua agli Slavi d'Istria che si chiamavano Vodopivez, con la pretesa, anche, che di questo cambiamento dovevano esserne felici e soprattutto convinti, nel nome dell'Italianità e della Romanità.

Allora, dice il Petrella che una parvenza di tradizione ligure si potrà trovare solo in una matrice celtica. Il fatto è ampiamente contestabile esaminando semplicemente i dialetti Nord Italici. Mentre Piemontese, Lombardo, Emiliano e Romagnolo sono conducibili al gruppo linguistico Gallo/Italico, il Genovese (Ligure e Monegasco) insieme al Lunigianese, ed a certi fenomeni linguistici dell'appennino tosco emiliano e delle Alpi Marittime (la parlata Brigasca) nonché a tracce occitaniche presentano una spiccata mediterraneità d'origine nella quale si sono in effetti insinuati impulsi linguistici celtici, ma non tanto vigorosi da modificarne la peculiarità. (Es.i fiori: Gallo/Italico Fiur, Ligure Sciure, Siciliano Sciuri - il fiume: Gallo/Italico fieum, Ligure jumme, etc.)

 

UNA STATUA del dio romano Giano bifronte dal quale non proviene il nome di Genova

 

Allora, dice il Petrella, che la radice semantica di Genova è legata al dio Latino Giano; questa è una colossale bufala quasi comparabile al collegare Tortona alle torte e Ventimiglia alla lunghezza della città. L'attribuire la fondazione di Genova al dio Giano fu idea dei Romani, in un'epoca posteriore di almeno 6 secoli alla fondazione della città, approffittando dell'assonanza tra i due nomi e proprio per contribuire a reprimere quell'identità Ligure di un popolo che dopo oltre un secolo di lotta ancora covava sentimenti e germi di rivolta. (Anche qui una strana analogia!!! Qualcuno di una certa Destra non aveva cambiato nomea città libiche, etiopiche e albanesi?? forse che Santiquaranti non era stata chiamata Regina Elena o qualcosa di simile?? deve essere un vizio non c'è che dire!!). La parola Genova, caro Petrella, prende origine dalla radice Indo Europea «Ge-nw-a» stante ad indicare la conformazione della costa concava quale l'interno del «ginocchio» in contrapposizione alle città giacenti su coste convesse cioè a gomito «anchis» come esempio Ancona.

Allora, dice il Petrella, che la Repubblica di Genova fu solo gestione di vile denaro, peccato che il grande storico Braudel la pensasse diversamente e, sinceramente tra un Petrella e un Baudrel so chi scegliere.

Allora, infine dice il Petrella, che il Doria nella battaglia di Lepanto fuggì per salvare le navi di Genova. A parte che non è così in quanto l'ammiraglio Genovese entrò, anche se in ritardo, nella battaglia; anzi secondo alcuni storici il suo temporeggiare ed aprirsi al nemico fu una mossa tattica che contribuì a racchiudere il rinnegato calabrese «Ugg Ali» entro la cerchia delle galee cristiane ed a sconfiggerlo. Comunque a parte la versione contrastata sull'operato del Doria bisogna puntualizzare che sino a quando i Turchi distruggevano le colonie Genovesi d'Oriente nessuno e particolarmente i Veneziani era intervenuto in aiuto; anzi spesso i Veneziani avevano quasi collaborato con i Turchi acciocchè Genova venisse scacciata dal Levante.

A Venezia si diceva più o meno «xe melio un dispetto a Genova che magnar ciccia tutti i giorni». Ora era la Serenissima la più danneggiata dalla potenza Turca in quanto Genova si era indirizzata ormai verso occidente e alle Americhe. La furbizia bizantina dei Veneziani era riuscita a chiamare a raccolta le flotte cristiane più a difesa dei suoi traffici che in nome della Croce; il pretendere che Genova si facesse distruggere le galee a favore degli interessi della rivale mi sembra un pò esagerato visto che negli anni precedenti Venezia invece non aveva mosso un dito.

Per concludere e parafrasando il finalino della lettera del Petrella possiamo dire «Lasciateci essere per storia e tradizioni orgogliosamente Liguri»... il che non esclude di essere anche, o forse soprattutto Italiani, come dice correttamente il Sig. Rino Di Stefano.

emanuele.franchini@aplogistic.it

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