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il Giornale

Martedì 10 ottobre 2006

Arriva una parziale apertura delle due dottoresse con lei a Minsk. Ma la bimba è «blindata» nell’istituto di Bobruisk e non parla con la famiglia

«Maria dovrà riavere contatti con l’Italia»

PROTESTA IN REGIONE Da parte del Mil, movimento indipendentista ligure, che vuol difendere Maria

 

L’onorevole Pedrini (IdV) lancia l’allarme: «Non vorrei che le stessero facendo il lavaggio del cervello» Oggi interrogazione di Plinio (An) in consiglio regionale

In futuro Maria potrebbe riprendere i rapporti con l’Italia. La prima, parziale, apertura, arriva tra le righe di un comunicato ufficiale della Asl 3 di Genova che rompe un pesantissimo silenzio. «In futuro - sostengono le dottoresse della Asl che sono con la bambina a Bobruisk - è importante che la bambina riprenda i rapporti con l’Italia». Nulla di più su i tempi e sui modi. La possibilità non aggiunge di fatto nulla di nuovo al vuoto di informazioni sulle condizioni reali della bambina che pesa ormai da dieci giorni. «Stiamo attenti, Maria rischia di sparire nel nulla». Dice Egidio Pedrini, parlamentare di Italia dei Valori. «È sopportabile che siano presenti in Bielorussia due dottoresse italiane, pagate dallo Stato italiano, che dopo dieci giorni non hanno presentato alcun report scritto?», chiede polemicamente Pedrini. La neuropsichiatra infantile, Antonietta Simi, la psicologa, Laura Battaglia, della Asl 3 di Genova, sono partite insieme alla bimba, su ordine del tribunale per i minori di Genova. «Temo che sia iniziato il lavaggio del cervello di Maria - ha aggiunto Pedrini -. A tutt'oggi, dopo dieci giorni, non siamo in presenza di alcun report scritto. Oltretutto una delle due dottoresse aveva scritto che la bambina non poteva essere portata in Bielorussia senza provocarle un trauma irreversibile». Pedrini ha quindi concluso: «Non sono i Giusto o le nonne che hanno violato la legge, ma lo Stato italiano». Intanto a farsi ancora domande - visto che risposte non ne sono state date - sulla sera del blitz è il comitato «Aiutiamo Maria». In particolare ci si chiede chi abbia dato l’ordine del rimpatrio e deciso le modalità: di sera, con la scorta dei carabinieri e con un volo speciale. Mentre il caso di Maria continua ad essere oggetto di approfondimenti in tutto il mondo, dalla Russia (e non solo in Bielorussia), al Giappone, alla Cina, agli Stati Uniti, dove la storia è stata raccontata nei principali telegiornali, sono in tanti a temere che la piccola sia diventata solo un simbolo politico e non si tenga in alcun conto il suo vero interesse. Oggi, in Regione, Gianni Plinio, capogruppo di Alleanza nazionale, aspetta la risposta all’interrogazione sul caso della bimba. Dura e senza appello è la protesta del Mil, il Movimento indipendentista ligure, che inchioda la Regione Liguria alle proprie responsabilità sulla vicenda di Maria. Il Mil aveva chiesto udienza al presidente Claudio Burlando, ma non è stato ricevuto. Anche per questo la protesta di domenica mattina, dalle 10 alle 12, si è fatta più intransigente e non si fermerà. «Avendo deciso Burlando di non ricevere una delegazione di cittadini che volevano portare avanti i diritti di Maria, la bambina bielorussa di Cogoleto, e di tutti i bambini del mondo che non devono più subire violenze, stiamo preparando una durissima contestazione a Burlando, anche con striscioni e volantini», incalza il presidente del Mil Vincenzo Matteucci. Il titolo del primo volantino è già di per sé significativo: «Sì in Cina, No ad una delegazione di cittadini». «Per andare in Cina a fare affari con chi ancora sfrutta i lavoratori e non concede loro i più elementari diritti civili, Burlando ha trovato il tempo ed i soldi per le spese del viaggio - attacca il Mil -. Invece per ricevere una delegazione di cittadini che voleva parlargli della battaglia da fare contro le violenze dei bambini di tutto il mondo, e quindi anche dei diritti di Maria la bambina bielorussa di Cogoleto, Burlando non ha potuto trovare nemmeno cinque minuti! Vergogna!» In relazione all'attardarsi degli interventi sollecitati a Strasburgo, Aja, Onu, sul caso di Maria il presidente del Comitato Internazionale diritti Umani, Yasmin von Hohenstaufen, ha dichiarato che esso è metafora dell'impotenza dei «giusti di cuore», nel caso anche dei coniugi Giusto, a difendere i diritti dei più deboli. «Ecco perché - ha dichiarato Yasmin von Hohenstaufen - è opportuno che prevalga il principio che Il Tribunale Diritti Umani di Strasburgo, L'Aja, l'Onu, debbano intervenire motu proprio, dopo aver ricevuto notitia criminis dai media, non aspettare esposti di associazioni o terzi. Eventuale esitazione o ritardo, proceduralmente, debba inoltre essere inquadrato come omissione di atti dovuti, ed in casi gravi, come crimine contro l'umanità».

 

 

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