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Il Secolo XIX

Venerdì 18 agosto 2006

LETTERE

Genova sia capitale di qualità della vita

L’intervento di Mario Castagnola del 10 agosto, favorevole all’inceneritore della rumenta impone di replicare. Sarà bene ricordare subito ai cittadini che "nulla si crea e nulla si distrugge" (legge di Lavoisier). Quindi non può esistere alcun sistema di smaltimento che faccia sparire la massa di rumenta che produciamo. Bruciandola, semplicemente ne trasformiamo, per esempio 100 kg, in 30 kg di ceneri e 70 kg di fumi. Con il gravissimo rischio che i 30 kg di ceneri siano altamente inquinanti e così pure i 70 kg di fumi (in realtà ben di più perché bisogna includere anche altri elementi chimici necessari per la combustione, ossigeno, ecc.). Il gravissimo rischio, che è quasi una certezza, è che i 30 kg di ceneri siano altamente inquinanti e così pure i 70 kg di fumi e, per rendere il tutto il meno inquinante possibile, occorrano tecnologie costosissime che necessitano di continuo aggiornamento (con aumento esponenziale dei costi!). L’energia elettrica che si dovrebbe ricavare dal bruciatore, per una insulsa legge dello Stato italiano, viene valutata-considerata molto di più di quella normalmente prodotta, per esempio, dalle attuali centrali idroelettriche, perché è stata considerata capziosamente "assimilabile" a quella prodotta con le fonti alternative non inquinanti (sole, vento, mare). Ciò comporta che a tutti noi cittadini viene chiesto un esborso, un sovrapprezzo supplementare che paghiamo con la bolletta della luce. Naturalmente ci teniamo tutto l’inquinamento che, comunque, viene immesso nell’aria con i fumi dell’inceneritore. Così respiriamo aria inquinata e permettiamo che l’inquinamento ricada anche nell’acqua potabile dei nostri bacini idrici e nelle colture agricole presenti nel raggio di tali polveri (si pensi alle coltivazioni di nicchia del basilico di Prà). Tutto questo percorso è evitabile con una raccolta differenziata spinta che recuperi tutto quello che c’è nei rifiuti. E solamente indispensabile una forte volontà politica per fare tutto questo. Le città di Camberra, San Francisco e Seattle ed anche alcuni comuni italiani, lo stanno già facendo e per ogni tipologia di rifiuto (carta, vetro, lattine, plastica, legno, residui alimentari, ecc...) si creano vere e proprie "filiere di recupero", con la creazione di numerosi posti di lavoro. Il Mil si batterà a oltranza perché questo avvenga anche a Genova convinto che questa strategia dei rifiuti, insieme all’uso sempre più spinto dell’energia elettrica dalle fonti alternative (sole, vento, mare) e alla diffusione della metropolitana sotterranea, da Nervi a Voltri e fino a Pontedecimo e Prato, sia la strada migliore per far sì che Genova diventi la "capitale mondiale della qualità della vita", con tutto quello che ne consegue per la salute dei cittadini e per la creazione di numerosi posti di lavoro legati ed indotti da tale scelta di vita. Risulterà quindi inevitabile che, per il traffico cittadino, si incentivi sempre di più l’uso di veicoli pubblici e privati elettrici: questo è il futuro che vogliamo per le nostre mamme che potranno così portare a passeggio i loro bambini, senza essere costrette a farli respirare in autentiche "camere a gas", come sono oggi le nostre strade cittadine.

Franco Bampi
Segretario Movimento
Indipendentista ligure

 


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Il Secolo XIX

Giovedì 10 agosto 2006

L'INTERVENTO

«Inceneritore e alleanze»

MARCO CASTAGNOLA*

In una mia recente intervista sul Secolo XIX a proposito delle primarie a Genova avevo sollevato critiche al lavoro del Sindaco per l’incapacità a decidere sulle questioni fondamentali della città. Volentieri riconosco che la posizione presa sull’inceneritore va nella direzione giusta.

Certamente non è facile decidere quando una parte del proprio elettorato è contrario, ma il sindaco Pericu ha saputo resistere al populismo di chi impedisce di decidere ed in altre parti d’Italia fa sommergere di "rumenta" le proprie città. Però il modo in cui si è arrivati alla decisione apre alcune questioni che ripropongono l’urgenza di una riflessione sull’opportunità di una "grande coalizione" per il bene della città.

La delibera comunale è l’inizio di un iter, ma il termovalorizzatore sarà realizzato nei prossimi anni quando la giunta e forse la maggioranza che governeranno Genova saranno diverse e il peso dei partiti di lotta e di governo (sinistra e verdi) potrebbe essere o maggiore e forse determinante. Quei partiti che oggi hanno ostacolato questa scelta potrebbero impedirne la realizzazione in futuro. Mi pare che chi invoca un programma condiviso a sinistra, con il quale andare alle primarie, non tenga in giusta considerazione il triste scenario nazionale che prevede la fiducia su tutti i provvedimenti importanti per tenere insieme ministri che vanno in piazza, danno le dimissioni a loro stessi e minacciano crisi tutti i giorni. Ma nell’amministrazione comunale non c’è la possibilità di porre la fiducia. Allora perché non pensare ad un programma con alcuni punti precisi e chiari sulle scelte strategiche per la città e su questi trovare una maggioranza possibile? La città avrebbe solo vantaggi. Ma per fare questo occorre una certa dose di coraggio.

C’è un secondo aspetto da considerare: le preocupazioni per la salute dei cittadini. E’ indispensabile che si attuino iniziative per ridurre la quantità di rifiuti da avviare in discarica, potenziare la raccolta differenziata, il compostaggio e le altre forme di recupero, attraverso adeguate campagne informative, incentivi e un maggior controllo sull’Amiu.

C’è un ultima considerazione che vorrei offrire al dibattito. Il termovalorizzatore potrebbe essere l’occasione per cambiare radicalmente la logica di gestione delle aziende comunali e che rappresenta uno degli aspetti che meno condividiamo dell’amministrazione Pericu. Potrebbe essere l’occasione per creare una "public company", con un azionariato diffuso fra i cittadini. Ciò offrirebbe una maggiore garanzia per i controlli sulla sicurezza ambientale, lascerebbe le risorse economiche prodotte nel territorio, potrebbe introdurre qualche elemento di concorrenza nella fornitura dei servizi con miglioramento dell’efficienza. Insomma potrebbero essere favoriti l’utilità sociale ed il bene comune, piuttosto che usare le aziende partecipate per fare cassa per coprire i buchi di bilancio o permettere che gli azionisti sfruttino il territorio e portino gli utili altrove. Mentre si mettono a punto gli aspetti tecnici si potrebbero studiare gli aspetti normativi che favoriscano la creazione di una public company, magari con la partecipazione delle banche locali, per la proprietà dell’impianto e le modalità di affidamento della gestione a terzi, senza necessariamente ricadere su strade già percorse e apparentemente scontate.

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