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LA REPUBBLICA

Domenica 2 giugno 2002


IL DIBATTITO

Liguri diversi e indipendenti

«La sinistra ha vinto a Genova perché Genova e la Liguria sono diverse allora è giusto puntare su questa diversità per tornare indipendenti». Lo sostiene Vincenzo Matteucci, presidente del Movimento indipendentista ligure, prendendo spunto dall'intervista con Raimondo Ricci (vedi sotto, ndr) pubblicata ieri su Repubblica-Genova. «Siete proprio sicuri - chiede Matteucci - che la strada che il Mil ha indicato, quella di recuperare il diritto internazionale che hanno Genova e la Liguria di poter ritornare indipendenti non sia quella che permetterebbe alla comunità ligure di avere un suo ruolo nell'Europa con il valore aggiunto della sua civiltà? Civiltà - prosegue - che aveva saputo esprimere in oltre 700 anni di indipendenza, autentici valori ancora oggi attualissimi, come ha già scritto un gruppo di europarlamentari in una lettera aperta il 21 maggio 2002»


Raimondo Ricci:" Buongoverno di Pericu e sane radici" Intervista all'ex senatore, vecchio saggio della Sinistra
Genova, un'isola comunista? "Qui si è risvegliata la politica"

FRANCO MANZITTI

Genova, un'isola post comunista, un laboratorio politico, la Liguria un'eccezione nell'azzurro frastagliato dell'Oceano berlusconiano? Pericu, il sindaco vincitore al primo colpo, alfiere di un movimento nuovo, che segna la Sinistra, che le dà un volto diverso nell'anno dopo la tragedia del G8, dopo i girotondi e che nasce proprio qua nella città "più comunista d'Italia"?

Il vecchio saggio ti guarda un po' con severità, un po' con ironia davanti a queste domande che la cronaca politica delle ultime giornate elettorali rovescia sul tappeto genovese e ligure. Già il vecchio saggio, Raimondo Ricci, 80 anni suonati bene, avvocato tra i più fini del Foro genovese e italiano, ex partigiano, ex internato, ex senatore e deputato del Pci, oggi fieramente presidente dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea, qualche dubbio ce l'ha su come confinino la politica moderna e la comunicazione, ivi comprese queste domande sul risultato elettorale.

"Mi chiedo spesso - ti confida, corrugando la fronte - che peso possono avere oggi nella raccolta del consenso i mezzi di comunicazione scatenati, se negli anni Trenta, senza televisioni e con pochi giornali, Mussolini riusciva a ottenere seguiti universali e plebiscitari...Mi chiedo quanto è più facile oggi persuadere, usare modelli prefabbricati, generalizzare definizioni politiche, come questa su Genova città "comunista".

Come dire che oggi, nel gran can can mediatico, è difficile riflettere freddamente sui grandi spostamenti della politica, sugli esiti elettorali, sulle grandi vittorie e sulle sconfitte, quindi anche sulle differenze di Genova. Come dire: è troppo semplice etichettare, attribuire patenti a partiti, uomini e perfino città.

Ricci ora è diventato un custode severo e attento di una memoria importante della storia recente, che sembrava essersi allontanata e un po' persa sotto i colpi di un revisionismo brutale e di una società distratta. Ciò non gli ha fatto perdere di vista la realtà politica che scorre quotidianamente e che lo ha fatto anche schierare sul palco del confronto all'interno dei Ds, al fianco di Giovanni Berlinguer e del correntone, contro una Sinistra che non si rinnova e che segue una deriva conformista - come dice con un sorriso un po' amaro, alludendo a certi "compagni" anche genovesi "che inseguono gli affari più che la politica". E poi c'è la realtà stringente che lo spinge a giudicare, a riflettere: le vecchie storie drammatiche che tornano, come quella del boia di Genova Engel, sotto processo ad Amburgo, cinquantacinque anni dopo i suoi crimini, contro il quale lui andrà a testimoniare il prossimo 14 giugno. C'è la memoria dei compagni della Resistenza come Paolo Emilio Taviani, il cui libro di ricordi appena pubblicato lo sollecita. C'è, appunto, il confronto nella Sinistra a fianco di Sergio Cofferati, in cui è stato uno dei primi a credere, che lo mobilita, alla faccia degli anni, delle tante battaglie e contro quello che lui definisce "il più grave rischio per la democrazia dalla Liberazione ad oggi, il governo di Berlusconi".

Più che rispondere Raimondo Ricci riflette nella sua bella casa, all'ombra della Basilica di Carignano e lancia un messaggio chiaro, tutto genovese, sulla speranza che la politica può rilanciare e che l'ultimo risultato elettorale indica.

Insomma, Genova è diversa: la vittoria della Sinistra sottolinea una differenza dal resto del Paese e dal trend vincente di Berlusconi: come lo spiega?

«Intanto c'è una spiegazione locale. La buona amministrazione di Pericu ha incontrato il consenso dei genovesi. Lo hanno riconosciuto nella sua pacatezza e nella sua serietà amministrativa. Genova ha fatto dei passi avanti. Ma non c'è stata solo Genova in questo risultato, ci sono anche la Provincia, Spezia, Savona e allora il ragionamento va allargato....».

Magari alle difficoltà della Destra di trovare concorrenti adeguati?

«Questo è un altro problema. Alludo piuttosto a un rilancio, a un risveglio della politica che la sinistra ha colto. E quando parlo di sinistra non mi riferisco solo ai ds, a quelli che sono i postcomunisti, per usare i termini dei nostri avversari. Penso ai movimenti cattolici, alle forze che puntano al rinnovamento del sistema democratico. E' stato come un risveglio che autorizza a sperare nel riaccostamento alla politica. Perché è successo qui, in questa città, in questa Regione? Ma per le nostre radici, per una lunga storia che non è solo l'antifascismo, ma un complesso di sensibilità non facilmente esportabili. Oggi qualcuno dice che possiamo essere un laboratorio politico, che qui si possono recuperare valori fondamentali di sensibilità. E' vero, ma non avviene a caso: è nel nostro Dna. Hanno voglia a dire che siamo i più comunisti d'Italia! Non è questa banalità polemica la spiegazione: Bisogna andare molto più in profondità».

Ma scusi, come si concilia questo risveglio con il boom dell'assenteismo che anche a Genova colpisce duro?

«Nei paesi democraticamente progrediti l'assenteismo è fisiologico. Non i sono astenuti quelli che votano a sinistra? E' la prova del risveglio che citavo prima, che ha avuto tanti segnali, come la filippica di Nanni Moretti, i girotondi, che da soli non significano molto, ma che sono un sintomo chiaro. A Genova tutto questo ha fatto recuperare un sentimento fondamentale: si fa politica non per il potere, per favorire un gruppo, per spingere una fazione, ma nell'interesse comune, per far migliorare tutti insieme. Pericu avrà pure fatto degli errori, ma il senso del suo successo è che ha offerto questa immagine: di uno che lavora per tutti».

E quel drammatico G8, che ci ha sollevato, ma anche messo al centro di grandi drammi e di grandi confronti, può avere giocato nel risveglio di una politica per tutti, in un dialogo ampio?

«C'entra eccome, perché al di là della tragedia ci ha insegnato che i grandi problemi dell'umanità si affrontano includendoli, non escludendoli. Dialogare sta in questo principio che Pericu e la sua alleanza hanno perseguito. E poi non dimentichiamo che noi siamo una Repubblica marinara, noi eravamo i più globali della terra, sono secoli che siamo aperti al mondo e che lo scopriamo...».

Allora questa storia che Genova resta la città più comunista, arroccata e conservatrice, di un passato da seppellire...

«Nasce da incultura. Ma quali comunisti. Il Pci ha collaborato a costruire in Italia un sistema democratico, non c'è mai stato qui un regime comunista, anzi. Ce ne fu una fascista. Non c'è mai stato neppure un rischio. C'è stato, sempre, invece, un profondo antifascismo. Ci siamo dimenticati del Dopoguerra, del 1948, della guerra fredda? Certamente no, ma mai, anche nella più dura contrapposizione tra noi del Pci e la Dc di Taviani è stato in discussione il sistema democratico che avevamo costruito insieme. L'articolo della Costituzione sulla proprietà privata lo hanno scritto Taviani e Di Vittorio insieme. Me lo confidava sempre lui...L'intesa democratica tra due sindaci diversi come Adamoli e Pertusio è sempre esistita in un grande rispetto reciproco. Ora, invece, il clima che si respira è molto diverso: quel sistema democratico costruito da tutti insieme dai liberali, dai comunisti, dagli azionisti, dai cattolici, è in pericolo».