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Nota
presentata li 11 maggio 1814
a Parigi
al Visconte Castlereagh
dal March. Agostino Pareto
Ministro Plenipotenziario della Repubblica di Genova

Agostino Pareto
Agostino Pareto

Il sottoscritto Ministro Plenipotenziario ed Inviato Straordinario della Repubblica di Genova ha l'onore di sottomettere a S. E. Mylord Castlereagh, primo Segretario di Stato di S. M. Britannica, al Dipartimento degli Affari Stranieri, la Nota seguente:

I grandi avvenimenti che vengono di compiersi in Europa, e le risoluzioni magnanime annunciate dalle alte Potenze alleate, hanno risvegliate le speranze di tutti i popoli soggetti, negli ultimi anni, alla dominazione francese. Quelle della Nazione Genovese non hanno che un solo scopo, quello cioè di ricuperare la sua antica esistenza, momentaneamente sospesa.

Le speranze che il desiderio di scuotere un giogo sopportato impazientemente aveva sempre nudrito, aumentarono all'approssimarsi delle armate vittoriose di S. M. Britannica. Pieni d'una pari confidenza nelle disposizioni benefiche di tutte le alte Potenze alleate, nullameno i Genovesi non hanno potuto vedere senza la più viva gioia, che la loro sorte stava per dipendere più particolarmente da quella Nazione generosa colla quale ebbero, in tutti i tempi, dei rapporti sì stretti d'industria e di commercio. Così l'entusiasmo fu al suo colmo, e i clamori del popolo, e una dichiarazione dei notabili della Città, affrettarono forse il termine d'una resistenza inutile. Certo anche senza di queste circostanze, la liberazione di Genova non era meno assicurata dai trionfi delle armate Britanniche. Ma è onorevole per i Genovesi d'avervi in qualche parte cooperato essi stessi, e di avere altamente proclamato il ritorno alla loro antica indipendenza, e alle loro antiche leggi, essendo ancora, per così dire, sotto le baionette francesi.

Questo voto spontaneo è, non solamente il voto generale della Nazione, ve ne è bisogno. Posta in un territorio stretto e sterile, essa non ha che un solo mezzo d'esistenza, il commercio d'economia; e nella concorrenza dei porti vicini, il commercio non potrebbe aver luogo, secondo un sistema e regolamenti finanziarii, il meno onerosi possibili, tali quali esistevano altre volte. L'antico Governo Genovese era per sua natura, il più economo e il meno costoso di tutti i Governi d'Europa; l'imposta vi era leggerissima, i diritti sopra il commercio pressoché insignificanti. Invano si nutrirebbe lusinga di conservare questo sistema, se Genova fosse retta da tutt'altra forma Governo, e meno ancora se essa fosse riunita a una Stato più esteso. Dei bisogni senza numero e senza misura verrebbero di nuovo a schiacciare questo infelice paese, che indebolito da quindici anni per perdite immense, sacrificate a interessi stranieri ai suoi, invece di veder rimarginare le sue piaghe, vedrebbe ben tosto diseccare per sempre le sorgenti della sua industria, e consumare la sua rovina.

Considerazioni sì gravi ricevono una nuova sanzione dalla lunga e felice esperienza che si è fatta dell'ordine delle cose di cui si invoca il ristabilimento. Durante più di due secoli e mezzo dopo il 1508, sino al 1797, esso ha fatto costantemente il bene della Nazione, che dopo lunghe tempeste, vi ha trovato il riposo che aveva vanamente cercato negli altri sistemi d'Amministrazione. Se qualche modificazione concernente le modificazioni d'eligibilità alle cariche pubbliche vi sono sembrate necessarie, il risultato di un comune accordo e d'una perfetta unanimità fra tutti i cittadini non sarà che meglio assicurata. Questo accordo e questa unanimità sono stati constatati da S. E. Lord Bentinck, che ha riconosciuto l'espressione legittima della volontà nazionale. Egli ha potuto egualmente riconoscere quale invincibile repugnanza inspirava una dominazione straniera, dopoché i falsi rumori della riunione di Genova ad uno Stato vicino si sparsero nella Città, la costernazione fu generale, e un giorno di festa mutò in un giorno di duolo, fino a che questi timori furono calmati dalla speranza che le dichiarazioni ripetute delle alte Potenze hanno dovuto far rinascere.

Infatti, i voti dei Genovesi sono intieramente conformi al grande disegno, che è stato il nobile scopo di tanti sforzi, quello di ricostrurre, sopra le sue antiche basi, l'antico edificio sociale dell'Europa. La Repubblica di Genova non è scomparsa, nel 1805, nel numero degli Stati indipendenti, che pel solo fatto della violenza. In diritto, essa non ha potuto cessare d'esistere, essendoché la riunione del suo territorio alla Francia non fu mai riconosciuta dagli altri Governi, e meno ancora dal Governo Britannico.

Per conseguenza, l'applicazione a questa Repubblica dei principii stabiliti dalle alte Potenze, non può essere dubbiosa. È anche in ragione della debolezza di questo piccolo Stato, che la loro magnanimità ne risplenderà di più.

Se, secondo i motivi d'una sì alta importanza, si potessero avventurare delle congetture, perciocché, a questo riguardo, sembra convenire agli interessi della Grande Bretagna, il sottoscritto si permetterebbe di osservare che tutti i modi di disporre dello Stato di Genova, quello di conservare l'antica Repubblica, sembra offrire i più utili risultati. Genova, riunita ad uno Stato continentale qualsiasi, potrebbe avere, suo malgrado, la sventura di venire ancora una volta la nemica dell'Inghilterra. Essa, Stato essenzialmente marittimo e pacifico, conservata sotto i potenti auspicii del Governo Britannico, ne sarebbe costantemente l'amica, e non rischierebbe mai di vedere i suoi interessi più preziosi compromessi di bel nuovo da un Governo continentale. Infine il commercio inglese non saprebbe trovare niun porto nel pagamento dei diritti, le agevolezze che un Governo così economo come quello di Genova potrà offrirli.

Ma egli è inutile d'insistere sopra simili considerazioni, dopo che l'illustre Capo delle Armate Britanniche in Italia, depositario delle intenzioni del suo Governo, è di già stato, per la sua proclamazione del 26 Aprile ultimo, il depositario della generosità inglese.

Il Governo Genovese osa per conseguenza lusingarsi che S. A. R. il Primo Reggente, sanzionando ciò che or ora venne fatto in suo nome per Lord Bentinck, degnerà concedere alla Repubblica di Genova la sua benevolenza, e quei buoni ufficii, presso le alte Potenze alleate, per farne riconoscere il ristabilimento del paro che l'integrità e la continuità del suo territorio, egualmente indispensabile per sua esistenza, e senza i quali esso non sarebbe che precario.

Il sottoscritto, raccomandando la sorte del suo paese ai principii liberali, che distinguono eminentemente l'Amministrazione di S. E. Mylord Castlereagh, ecc. ecc.

 

Sottoscritto AGOSTINO PARETO.

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