liguria@francobampi.it

Home > Genova nella Storia > Ritorno al mare: parte 1

[ Indietro ]

Precedente ] Successiva ]

Ritorno al mare: parte 1

I liguri stanno tornando al mare, ossia alla marineria, alle attività portuali, al commercio sulle lunghe distanze come, più di un millennio or sono, facevano i loro antenati.

Le origini delle comunità liguri sono talmente antiche, risalgono, infatti, al II e III millennio a.c., da essere testimoniate da reperti, le raffigurazioni rupestri del Monte Bego nell'alta Val Roia e le statue-stele dell'alta Valle del Magra e della Lunigiana, che confondono la storia con una preistoria dai contorni magici.

La Liguria, quella "lingua di terra che orla il mare" cantata da Camillo Sbarbaro, è un territorio privo di risorse e per di più non ha altro che una costa frastagliata, fatta da un susseguirsi ininterrotto di scogli, golfi, insenature, cale, baie, spiagge irte di sassi, subito interrotte da promontori, che non offre un solo scalo naturale in grado di proteggere le navi e le banchine dalle burrasche tanto improvvise quanto rovinose.

Allora, boscaioli, pastori, allevatori e contadini, per sopravvivere e pur di evitare il badile in una terra tanto grama, alla quale sono attaccati come patelle allo scoglio, prendono le vie del mare: "la massima di noi altri genovesi, nati su' scogli et in tanta sterilità di paese, dev'esser di saper licitamente guadagnar denari con l'industria del negocio - afferma alla fine del Cinquecento Andrea Spinola - e di conservarli con la parsimonia".

I pochi reperti fenici della necropoli di Chiavari costituiscono la traccia della fioritura dei commerci ancor prima dell'avvento delle legioni romane, così come le fortune di Luni, fondata nel secondo secolo a.c. da Roma repubblicana, sono legate ad un emporio sostenuto da un porto artificiale che permetteva alle comunità liguri di scambiare i loro modesti prodotti con quelli ben più raffinati delle città greche, siriache e romane.

Tra le comunità liguri, Genova, si impone su Savona, Albenga, Porto Maurizio e Ventimiglia perché baricentrica rispetto alle vie di comunicazione verso le grandi città della varie padana e perché vi si insediano comunità di mercanti dell'intera area mediterranea, ma soprattutto perché ha la forza di accumulare le risorse necessarie per dotarsi di un porto artificiale.

A Genova si forma un emporio in cui i mercanti venuti dal mare si incontrano con le genti liguri, dando vita ad un agglomerato urbano che si estende tra la collina del Castello e le foci dei tanti torrenti che scendono dalle colline e che forniscono l'acqua ai naviganti.

Durante l'impero romano Genova diventa il punto di raccordo non solo dei traffici da e verso il Mediterraneo Occidentale, ma anche delle spedizioni militari verso le Gallie e verso la Penisola Iberica.

Sull'origine del nome di Genova, esistono diverse letture; quella più affascinante è che derivi da un dio latino, Giano, sempre raffigurato con due volti, perché, malgrado segni un confine, non lo configura come una barriera tra mondi ostili, ma come un elemento poroso che permette il dialogo e gli scambi tra uomini diversi.

È bello pensare che questa città venisse intesa fin dai suoi primi passi come un punto di passaggio, come una porta attraverso la quale passavano merci e uomini, ma anche conoscenze e culture, e che si fosse affermata perché capace di intrecciare le proprie arcaiche e barbare peculiarità con quanto di nuovo e di prezioso giungeva d'oltre mare.

Dopo la caduta dell'impero romano d'occidente, Costantinopoli, la nuova Roma, si impegna in una lunga serie di guerre contro la nobiltà germanica per mantenere Genova e la Liguria all'interno del proprio spazio vitale, ben consapevole che la loro caduta avrebbe compromesso un potere che comprendeva gran parte del Mediterraneo.

Fin alle soglie del nuovo Millennio, i liguri conservano la cultura politica, giuridica e le tecniche marinare romane, imparando poco a poco a prendere il mare e a commerciare in prima persona.

Solo affermandosi come città commerciale e marinara, Genova resiste alle scorrerie degli Arabi, ricostruisce se stessa dopo il loro saccheggio e può offrire i propri servigi alla nobiltà longobarda e franca, timorosa di affrontare la grande pianura liquida. così piena di rischi e di insidie.

Il ruolo acquisito da Genova e dalle altre città liguri durante le Crociate, può oggi essere recuperato come un patrimonio sul quale oggi si può contare per ritrovare uno spazio nel grande mare della globalizzazione planetaria.

Ma anche nel mondo dei rapporti tra tutte le nazioni della terra, così come si è visto in occasione della conferenza dei G8, rinnovando il prestigio acquisito organizzando la conferenza del 1921, che aveva chiuso il primo conflitto mondiale e reintrodotto la Russia, ormai bolscevica, nel consesso delle nazioni.

Si tratta di un ruolo riconosciuto da alcuni scrittori contemporanei, da Joshua Abraham, che ha pubblicato di recente un saporoso reportage, "Viaggio di fine millennio" ad Amin Maalouf, che ha descritto la presenza genovese nelle terre sante del Medio Oriente in un singolare romanzo "11 periplo di Baldassarre".

Amin Maaluf ha ritrovato il bandolo di un popolo che aveva saputo proporre un dialogo tollerante e proficuo tra le due sponde del Mediterraneo attraverso la descrizione di un viaggio di un membro della gloriosa famiglia genovese degli Embriaci, che da secoli viveva in Palestina.

Baldassarre Embriaco, nella seconda metà del Seicento, un secolo durante il quale l'Europa è insanguinata dalle lotte religiose e il mondo arabo cade in balia dell'impero ottomano, prende le distanze dal fondamentalismo religioso e culturale e fa del mondo degli affari e degli scambi culturali il canale del dialogo fra cristiani e mussulmani.

Genova per affermare la propria autonomia politica dall'impero dei Franchi e da quello di Bisanzio, prende spunto dalle esperienze delle famiglie dei pescatori che per dotarsi di barche e di reti erano costrette a legarsi l'una all'altra perché incapaci di affrontare da sole lo sforzo finanziario e di lavoro che richiede la costruzione e il governo delle barche d'altura.

Le comunità dei genovesi e delle altre città liguri si legano tra di loro per costruire e governare navi sempre più grandi, ma anche per dotarsi di istituzioni del tutto originali basate su un patto tra uomini liberi, vissuto come alternativo alla tirannia, fosse essa di un duce, o di un re.

Non esistono distinzioni tra politica ed affari: le Maone, sono ad un tempo delle società di finanzieri e uno strumento militare in grado di governare isole, come Chio, città come Ceuta, miniere come quella di allume alla Tolfa, le "Societas Maris" che legano tra loro chi si impegna a finanziare una nave, le compagnie di lavoro, da quelle dei portuali, a quelle dei calafati e quelle dei mulattieri, sono ad un tempo delle organizzazioni economiche e delle strutture politiche.

Genova viene divisa in "Compagne", ognuna delle quali ha un proprio Console ed un proprio vessillo, poi riunite in un solo libero Comune cui gli imperi, di Acquisgrana e di Costantinopoli, riconoscono il diritto di battere moneta, di stabilire e riscuotere le tasse portuarie da Capo Corvo a Capo Monaco, di alzare il vessillo di San Giorgio che uccide il drago.

I patti politici tra le Compagne e quelli tra Genova e le altre città liguri, regolati dagli Statuti, traggono alimento dal riconoscimento a tutti i cittadini del diritto di poter stipulare contratti e quindi di potersi assumere piena responsabilità civile, patrimoniale e penale.

Poiché agli albori del secondo Millennio, nella Chiesa e tra i nobili cristiani si afferma la volontà di liberare il Santo Sepolcro, nessuna città-porto era più indicata di quella genovese per organizzare le spedizioni verso il Medio Oriente.

Grazie alle pagine redatte dal Caffaro, il reporter genovese che stende delle attente relazioni su quelle avventure straordinarie, sappiamo che pellegrini e soldati, raccolti nella "Commenda" di Pre, il 24 luglio 1097, si imbarcano su dodici galee cariche di viveri offerti dal popolo genovese, per portare aiuto ai crociati in Terra Santa.

Si tratta di una pagina che costituisce un momento di svolta nella storia della città come centro navale e mercantile di quell'Europa cristiana che intende riscattare le terre dove Gesù era vissuto e morto dalla invasione islamica.

Guglielmo Embriaco, uomo d'arme, navigatore e primo console del libero Comune, ha un ruolo determinante nella conquista di Gerusalemme, sicché ottiene dall'Impero quei privilegi e quei fondaci che erano l'obiettivo di una comunità che non desiderava sottomettere altri popoli o governare altri Stati, ma solo poter commerciare libera da ogni vincolo statale.

Diventati esperti della vela e del remo, oltre che delle battaglie navali, passano dalle rotte lungo le coste, alla navigazione d'altura, potendo contare sulla bussola, un marchingegno straordinario inventato dai cinesi e portato sulle rive del Mediterraneo dagli arabi e su portolani e carte nautiche sempre più precise, in cui con frasi brevi e chiare, vengono descritti i porti, le località della costa, le torri di avvistamento, calcolate le distanze, descritta l'esposizione ai venti, la presenza di secche o di altri pericoli.

[ Indietro ]