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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXV - N. 9 26 Ottobre 2007

In risposta a Michele Caldarera

Ecco perché mi dichiaro patriota

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Caro Michele, ti racconto un fatto vero. Una volta incontro un tizio ricco di idee e di proposte il quale mi dice che bisognerebbe fare, occorrerebbe agire, si dovrebbe intervenire senza esitazione e cose simili. Appena gli ho detto: «Intanto comincia tu, che io ti darò volentieri una mano», lui sbianca e la sua risposta, pronunciata con pensierosa e dispiaciuta esitazione, è stata me gh’apenso... Non l’ho mai più visto.

Hai ragione, Michele, qui a Genova e in Liguria impera o partîo do maniman i cui aderenti (una folla! una pletora!) sono quelli che alla domanda o l’é bon o cafè? ti rispondono n’ho bevûo de pezo. Quelli che se ordinano mezza porzione (per risparmiare, si capisce!) dicono: mezo de frito, ma che ghe ne segge! E pur di non darti la soddisfazione che un cibo è così buono da chiedere il bis ti apostrofano: ghe n’é ancon de sta porcaia? Persino il parroco che non disprezza, tra un miserere e un’estrema unzione... di aderire al partîo do maniman pur di non darti il caffè te lo offre dichiarando: ve faiæ o cafè, ma za no n’öriéi...

Cosa posso dire? I genovesi, noi genovesi siamo fatti così! Forse peggio di come ci hai descritti tu dal tuo speciale osservatorio di siculo di origine e sampierdarenese per quarantennale residenza. Ciò premesso la questione che ti voglio porre è la seguente. Io ritengo che i genovesi siano sempre stati così. Me li vedo a Paxo co-o röbon (a Palazzo Ducale con le pesanti toghe di seta nera) discutere: mia, me pâ che gh’é tròppa gente ch’a domanda... E l’altro: Eh scì. Ben, quante ghe veu? Ed ecco che sorgono per beneficenza privata l’Albergo dei Poveri, l’Ospedale di Pammatone ed altre mirabili opere sociali. Costoro, i liguri di un tempo fedelissimi al maniman, hanno costruito una società aperta (i Durazzo erano schiavi albanesi e hanno dato nove dogi alla Repubblica); sono stati spregiudicati capitalisti ante litteram e hanno resistito alle innumerevoli bancarotte della corona di Spagna fatte apposta per non pagare i debiti ai genovesi; avevano schiavi (era un sopruso esercitato da tutti i popoli) ma non esitavano a riconoscere come propri i figli avuti dalle schiave; erano attenti e oculati al punto che mai il popolo si ribellò al legittimo governo, anzi lo difese sempre (penso all’episodio del Balilla).

Cesso le citazioni e ti domando: come mai quella gente che allora seppe costruire una propria originalissima civiltà, oggi sa solamente mugugnare e fa quello che tu e, concedimelo, anch’io abbiamo qui illustrato? Per me, che mi proclamo patriota ligure, la risposta è semplice e naturale: perché allora avevano la responsabilità di governare uno stato indipendente e sovrano e dovevano governarlo bene, maniman... Oggi che ci sono state tolte tutte le responsabilità, trasferite al buon cuore di Roma, ci resta solo il mugugno, lo sterile maniman, l’ironica rassegnazione. Per questo mi dichiaro patriota: perché sono convinto che questa gente, noi liguri sapremmo benissimo ridare alla Liguria ricchezza e splendore se fossimo nuovamente responsabili dei nostri destini ossia se fossimo nuovamente indipendenti, come ne abbiamo diritto.

Franco Bampii
uno degli ultimi Patrioti Liguri

Franco Bampi

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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXV - N. 8 28 Settembre 2007

Michele Caldarera replica
allo sfogo di Franco Bampi

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Caro Professore,

sento un insopprimibile ardore polemico (affettuoso comunque, anzi affettuosissimo, estimatorio) nei tuoi confronti, dopo avere letto (e riletto) il tuo pezzo sull’ultima edizione del nostro Gazzettino (“Franco Bampi si sfoga”).

E ti firmi Franco Bampi - uno degli ultimi Patrioti liguri.

Scusa, ma gli altri … “resistenti” oltre te, chi sono?

Sei un po’catastrofico! Non temere, la Liguria resterà, è troppo suggestiva per scomparire... fagocitata dal Piemonte (o Limonte).

La Liguria resterà con il suo lamentoso e piagnucolante esercito di... “maniman”, di coloro cioè che anziché rimboccarsi le maniche e assumere coraggiose iniziative pecie economiche, aspettano di vedere come si mette… “maniman”.

La storia passata della Liguria la conosciamo (quasi) e ormai conosciamo anche il carattere dei liguri e dei genovesi in particolare! Orgoglioso ma attendista, speculatore ma tremendamente restio a guardare oltre la siepe.

Innanzitutto le “palanche”!

Nel frattempo “gli altri” operano, verificano, coltivano idee realizzabili, ma i liguri (e i genovesi) stanno ostinatamente a guardare, a vedere come va, “maniman”.

Poi arriva Celentano e ti dice come stanno le cose.

E tu strabuzzi gli occhi, soprattutto perché nessuno ti dice “è vero”, ma “tutti” rivendicano ed esaltano e proclamano la purezza, la limpidezza e la “bluità” del mare ligure. Tutti si incazzano, nessuno si assume colpe.

Stai tranquillo professor Bampi, la Liguria resterà, come la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova che però sarà una propaggine del Politecnico di Torino e tu prenderai ordini e direttive dal tuo “pari grado” di Torino che, nel frattempo, ha avuto la lungimiranza autoconservatrice di “guardare oltre le Alpi”, mentre tu sei rimasto prigioniero dei … “maniman”.

Sono stato recentissimamente a Torino: la Metropolitana è pronta con scale mobili di accesso che sono uno splendore; carrozze ferroviarie d’ultimo grido; a Genova Brignole e Principe le scale mobili (due a Principe e tre a Brignole) sono sempre ferme o comunque raramente funzionano e le carrozze FS sono vecchie e maleodoranti. Come mai Professore, come mai?!!

Con affetto, Michele Caldarera (siculo di origine e sampierdarenese per quarantennale residenza).

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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXV - N. 11 15 Dicembre 2007

La polemica del "maniman"

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Egregio Signor Caldarera,

mi scuso se il mio intervento può non essere a proposito non avendo seguito le “puntate precedenti”, ma per quanto conosco le idee di Franco Bampi mi pare che la sua risposta sia non centrata.

Lei invita a “cambiare registro”; proprio l’azione di Franco Bampi è finalizzata a cambiare l’attuale registro ritrovando lo spirito di intrapresa e diffondendo lo spirito del “darsi da fare” tipico dei Genovesi della Serenissima Repubblica di Genova.

Lei afferma che: “… il suo. [di Genova] protagonismo storico e commerciale, ma ciò appartiene alla storia e al tempo dei ricordi. I tempi e l’Europa impongono ormai ritmi diversi, pensare diverso, progettare il futuro senza se e senza ma”. Mi scusi, ma chi ha detto che quel protagonismo appartiene al passato. Quanto sostiene Bampi è proprio la necessità di avere la potestà di decidere secondo i tempi e le necessità che l’Europa impone.

Cambiando le teste; senza cambiare le teste i sogni resteranno sogni” credo che su questo punto, considerato l’attuale atteggiamento dei politici nostrani e di buona parte degli “imprenditori”, Franco Bampi sia assolutamente concorde come lo sono tutti coloro che hanno a cuore le sorti della nostra Patria (che io intendo essere la Serenissima Repubblica) ed è per questo che i Patrioti (senza virgolette e con la P) stanno costantemente e cocciutamente lavorando per risvegliare l’orgoglio dei Genovesi.

Ed a proposito di Genovesi: i Genovesi, per grazia di Dio, non sono una “razza pura” ma il frutto di misurate contaminazioni. Non è importante che lei non sia nato a Genova. Per Franco Bampi, per me e per tutti i Patrioti è Genovese chi vuol bene a Genova, chi lavora e chi si sente Genovese. Sapesse quanti genovesi (nel senso di nati a Genova) non sono per niente Genovesi. Per fortuna ci sono numerosi foresti che sono, di fatto, Genovesi.

Pierluigi Patri

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