Ecco il federalismo di Forza Italia
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Il Giornale Domenica 6 novembre 1994


Ecco il federalismo di Forza Italia

"Il piano prevede un riassetto in due tempi" "In questa legislatura bisogna avviare i primi interventi" "Vanno reimpostati i rapporti tra Stato e Regioni"

Sette punti per cambiare lo Stato: dall'autonomia fiscale al presidenzialismo

[ Premessa ] [ 1. Federalismo fiscale ] [ 2. Nuove competenze ] [ 3.Snellimento apparato statale ] [ 4. Limiti al prelievo statale ] [ 5.Nuovo coordinamento Stato-Regioni ] [ 6.Nuovo statuto di autonomie locali ] [ 7. Presidenzialismo possibile ] [ Conclusione ]

Il progetto elaborato dai ministri Previti e Urbani è realizzabile senza modifiche alla Costituzione, attraverso leggi ordinarie

Il massimo di federalismo possibile senza cambiare di una virgola la Costituzione. Forza Italia gioca le sue carte sulla grande riforma dello Stato e incassa un risultato significativo: la “benedizione” del presidente della Repubblica, Scalfaro, al progetto elaborato dai ministri Cesare Previti e Giuliano Urbani. Rispetto alle altre proposte sul federalismo, questa ha un indubbio vantaggio nel metodo: si può applicare senza aprire guerre di religione sulla Costituzione italiana, per modificare la quale è necessario seguire una procedura tortuosissima ed ottenere votazioni quasi plebiscitarie in Parlamento. Autonomia finanziaria alle regioni e pubblica amministrazione ridotta all’osso tra le ricette suggerite. Si approda così al federalismo graduale, contemperato da un presidenzialismo anch’esso indicato a piccole dosi. L’iniziativa è rivolta "alle forze di maggioranza e di opposizione", com’è scritto nella lunga premessa dei criteri fondamentali, che il Giornale anticipa integralmente.

(Roma, Federico Guiglia)

Premessa: Nel programma del governo Berlusconi è annunciata chiaramente l'opzione federalista, che evidentemente impegna tutte le forze della maggioranza. Per questo non vediamo motivi di scontro con la Lega, che ha avuto il merito storico di porre all’attenzione dell’opinione pubblica il grande tema del federalismo e dell’autonomia e che ora deve contribuire con spirito costruttivo al passaggio dalle enunciazioni di principio alle prime realizzazioni su questo delicato terreno istituzionale.

Infatti dopo la scrematura delle posizioni integraliste che potevano far pensare a tentativi secessionisti, l’idea federalista può svolgere un ruolo importantissimo nella modernizzazione delle nostre istituzioni, naturalmente se si coniuga e si fonde con l’idea di libertà e quella di solidarietà.

Punto di partenza che garantisce questa fusione di istanze, tutte ugualmente irrinunciabili, è il principio di sussidiarietà, che, sancito nel trattato di Maastricht per quello che riguarda i rapporti tra Stati nazionali e Unione europea può e deve, a nostro avviso, trovare ampia applicazione anche nell’ordinamento interno.

In sostanza, anche nel rapporto fra lo Stato e le autonomie dobbiamo fissare in linea generale la competenza del livello più vicino ai cittadini, salvo un passaggio a livello superiore quando è dimostrato che questo può agire meglio e a minor costo.

Alla luce di questo principio di sussidiarietà vanno, inoltre, reimpostati non solo i rapporti fra Stato e regioni, ma anche i rapporti tra apparati pubblici e mercato.

Quindi liberismo e federalismo, con l’avvertenza che se non si vuole lo sgretolamento di fatto dell’unità nazionale è necessario far corrispondere al rafforzamento delle autonomie uno stato centrale altrettanto forte per creare una dialettica tra forze comparabili: per questo Forza Italia integra e completa il disegno federalista con la scelta presidenzialista.

Detto questo in termini di impostazione generale, sarebbe a nostro avviso un errore se, per conseguire il massimo attraverso la riforma costituzionale con le procedure previste dall’articolo 138, si rinunciasse a perseguire già ora la strada del federalismo possibile. Non si tratta di cose da poco: per questo noi lanciamo a tutte le forze di maggioranza come di opposizione la proposta di fare insieme, subito, in Parlamento tutti i passi nella direzione del federalismo e dell’autonomia che la legge ordinaria ci consente. Questo non vuol dire, evidentemente, di rinunciare alla grande riforma costituzionale (che prevede maggioranze qualificate e consultazioni popolari): vuol dire invece agire pragmaticamente, efficacemente, con la convinzione che le grandi riforme si possono anticipare e provare fin da subito se c'è nel Parlamento precisa volontà politica di procedere in questo senso. Ecco il federalismo possibile.

1) Federalismo fiscale - La Costituzione, nel proclamare all’articolo 119 l’autonomia finanziaria delle regioni, si limita ad affermare che le forme ed i limiti di questa sono stabilite con legge della Repubblica. Non è quindi la Costituzione a vanificare l’autonomia finanziaria, non è la Costituzione a prevedere che i fondi siano dallo Stato sostanzialmente “elargiti” alle regioni, non è la Costituzione ad imporre ai fondi regionali specifici vincoli di destinazione che vanificano qualsiasi autonomia in ordine alla spesa. È quindi questo un terreno in cui, attraverso la legge ordinaria, si possono gettare le basi di un disegno federalista concreto e praticabile.

2) Nuove competenze - Anche sul fronte delle competenze legislative e amministrative il quadro costituzionale è aperto: la prassi ha dimostrato come l’attuazione degli articoli 117 e 118 è sostanzialmente rimessa alla discrezionalità larghissima del legislatore statale, che storicamente ha interpretato ora restringendo ora ampliando le competenze regionali. Se, comunque, anche l’interpretazione estensiva dell’elenco costituzionale non dovesse essere sufficiente, di può ricorrere sempre alle competenze statali delegate alla regioni per l’attuazione, che sono equiparate, sempre secondo la prassi, alle competenze proprie che, come ha affermato la Corte Costituzionale, non sono revocabili, diversamente da quanto accade nei rapporti privati.

3) Snellimento apparato statale - Sempre con legge ordinaria è possibile ridurre fino al minimo determinate competenze statali, e di conseguenza smantellare interi apparati burocratici, perché la Costituzione prevede che il numero delle attribuzioni dei ministeri sia stabilito con legge ordinaria, così come sono ordinarie le leggi che possono ampliare le competenze regionali.

4) Limiti al prelievo statale - Allo stesso modo il legislatore può affermare il principio che nessun trasferimento di risorse prodotto dalle singole regioni è possibile se non per consentire allo Stato di provvedere a funzioni indifettibili (senza le quali cioè cesserebbe di esistere come entità) o per ragione di solidarietà dovuta nei confronti delle regioni più deboli. In ogni caso per tutte le regioni, salvaguardato il minimo dei servizi dovuti, è da garantire la possibilità d’impiegare liberamente le ulteriori risorse variabili in rapporto alla entrate regionali.

5) Nuovo coordinamento Stato-Regioni - È inoltre possibile sempre con legge ordinaria valorizzare e unificare gli studi di coordinamento già presenti in diversi settori per consentire alle regioni di far sentire la propria voce fin dalla fase di formazione della volontà statale nelle materie che restano nelle competenze dello Stato.

6) Nuovo statuto di autonomie locali - Si può operare per far operare il principio di sussidiarietà anche all’interno delle regioni, perché il sistema regionale non deve conculcare i livelli di autonomia quali comuni, province, aree metropolitane, ecc. Di seguito con una legge ordinaria a i sensi dell’articolo 128 della Costituzione si può provvedere alla definizione di un nuovo statuto delle autonomie locali.

7) Presidenzialismo possibile - Proprio per non rendere sbilanciata la necessaria dialettica istituzionale, è indispensabile che a regioni fortificate faccia riscontro un governo centrale snellito nelle competenze e nelle funzioni, ma rafforzato nella capacità di governo e nella stabilità. E se il disegno potrà essere completato solo introducendo costituzionalmente elementi di democrazia diretta nella scelta del capo dell’esecutivo, sia esso presidente della Repubblica o primo ministro, è necessario che fin da ora, parallelamente al federalismo possibile, si affermi un presidenzialismo possibile, che è quello derivante da una nuova legge elettorale in cui sia introdotto, almeno, l’obbligo dell’indicazione preventiva del leader della coalizione che intende governare.

Conclusione: se si vuole si può, oggi, in questo Parlamento promuovere un ampio confronto parlamentare, per avviare questo processo decisivo di modernizzazione istituzionale e di riforma dello Stato, che è realizzabile nella prima fase attraverso la legislazione ordinaria.

Le nuove norme potranno rappresentare la base sulla quale costruire anche le necessarie modifiche della carta costituzionale, secondo la complessa procedura di revisione.

La scommessa che lanciamo alle altre forze politiche ed in particolare alla Lega è quella di misurarsi su questi temi e di tradurli nei tempi più rapidi possibili in iniziative legislative e successivamente in legge. Noi siamo pronti.


Articolo 117 della Costituzione

La regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni:

ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione;
circoscrizioni comunali;
polizia locale urbana e rurale;
fiere e mercati;
beneficenza pubblica e assistenza sanitaria e ospedaliera;
istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;
musei e biblioteche di enti locali;
urbanistica;
turismo ed industria alberghiera;
tranvie e linee automobilistiche d'interesse regionale;
viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;
navigazione e porti lacuali;
acque minerali e termali;
cave e torbiere;
caccia;
pesca nelle acque interne;
agricoltura e foreste;
artigianato.

     Altre materie indicate da leggi costituzionali.

     Le leggi della repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.

 

Articolo 118 della Costituzione

Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali.

     Lo Stato può con legge delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative.

     La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici.

 

Articolo 119 della Costituzione

Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che le coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni.
     Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.
     Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.
     La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.

 

Articolo 128 della Costituzione

Le Province e i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei princìpi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.

 

Articolo 138 della Costituzione

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
     Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
     Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.