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L'Europa del Congresso di Vienna

 

Il congresso di Vienna (1 novembre 1814 - 9 giugno 1815) ha costituito lo sforzo concreto dei rappresentanti delle grandi potenze di ridisegnare il profilo geo-politico dell’Europa. Pur essendo gli interessi di ciascuno stato diversi, esisteva un fine comune: la restaurazione monarchica, favorita dalla costruzione di un equilibrato sistema degli stati che consentisse una pace stabile. Si strinsero così a questo scopo alleanze, si cercò di consolidare il potere dell’aristocrazia terriera, accompagnando ciò ad una restaurazione ideologica, costituita principalmente dal legittimismo (che sanzionava la sovranità per diritto divino) e il tradizionalismo (che affermava l’esistenza di un ordine gerarchico immodificabile). Tuttavia questo nuovo equilibrio appariva instabile: erano occorsi, infatti, ingenti cambiamenti, fra i quali la presenza di nuove energie politiche (terzo stato e il nascente proletariato), più consapevoli del loro ruolo e il processo di industrializzazione in corso, che vedeva l’Inghilterra, sempre più forte sul piano economico e commerciale, mettere in discussione i rapporti di forza fra le potenze.

A Vienna in quei mesi si riuniscono i rappresentanti delle monarchie europee, i quali, da principali protagonisti di un improbabile viaggio indietro nel tempo nella speranza di cancellare dalla scena l'importante parentesi napoleonica, erano sì accomunati dall'intento di ripristinare il vecchio ordine, ma altrettanto divisi per quanto riguarda le strategie e alcuni intenti che rimanevano profondamente differenti.

Nella situazione creatasi, l'Inghilterra, rappresentata da Lord Castlereagh mirava alla salvaguardia del suo sviluppo industriale ed imperialistico, cercando di non prendersi responsabilità dirette nel quadro europeo, quanto di limitare forme egemoniche messe in atto da altri paesi. Particolarmente scomoda è per gli inglesi la Russia, che si pone come la più intransigente delle potenze restauratrici ed inoltre mira all'espansione nei Balcani e nel continente americano. Il vero problema è che le forze dello Zar, fino a quel tempo basate sulle unità militari terrestri, incominciarono l'allestimento di una flotta con una conseguente espansione marittima di certo avversa alla potenza britannica, che era da considerasi come vera e propria regina delle rotte commerciali marittime mondiali. Gli inglesi infatti, oltre che a mantenere il controllo commerciale sulle coste dell'Atlantico, continuavano la loro politica di espansione in India e nel Sudest asiatico, ed ebbero come ricompensa per la sua lunga lotta con la Francia numerose basi navali nel Mediterraneo, tra le quali Malta, e lungo le rotte per l'Asia.
Era comunque interesse primario degli Inglesi impedire l'emergere di una nuova nazione egemonica nell'Europa continentale, e ciò spiega il perché una nazione di orientamento liberale abbia partecipato ad un riassetto di tipo conservatore.

Tra il ristretto numero di rappresentanti che presero le reali decisioni, riuscì ad inserirsi anche l'abilissimo rappresentante della sconfitta Francia, Talleyrand, che era stato vescovo prima della rivoluzione, poi deputato nelle assemblee, stretto collaboratore di Napoleone ed artefice del passaggio di potere dall'imperatore a Luigi XVIII. Egli riuscì a far valere in difesa del suo paese il cosiddetto principio di legittimità, in base al quale dovevano essere anzitutto restaurati i diritti violati dalla rivoluzione, e dunque anche quelli dei Borbone, re di Francia per diritto divino.
La Francia fu destinata ad un ridimensionamento del suo ruolo internazionale, ma a rimanere intatta territorialmente, nonostante le pressioni operate dalla Prussia per l'annessione dell'Alsazia e della Lorena. Infatti questo disegno soddisfaceva a pieno i progetti su scala continentale del Congresso: si limitava notevolmente la portata politica francese al fine di evitare un ripetersi della supremazia del Paese come accaduto con il periodo napoleonico, e nello stesso tempo si lasciava il regno di Luigi XVIII integro territorialmente, sia per favorire il disegno di equilibrio delle potenze, sia per non far passare la restaurazione della dinastia borbonica come una troppo bruciante umiliazione, che avrebbe comportato un'immediata impopolarità del nuovo sovrano; come ulteriore precauzione, fu creata una barriera protettiva ai suoi confini, rafforzando gli Stati vicini, i Paesi Bassi, il regno di Sardegna e la Prussia.

Scopo degli statisti riuniti a Vienna era non solo quello di cancellare le conseguenze degli eventi rivoluzionari accaduti negli ultimi venticinque anni, ma anche quello di rendere impossibile il ripetersi di simili eventi, costruendo, mediante passaggi di intere regioni da uno Stato all'altro, un equilibrio che fosse il più possibile solido e duraturo.
Tali spostamenti comportarono comunque una certa razionalizzazione della geografia europea, con la definitiva scomparsa del Sacro Romano Impero, vetusta creatura politica presente sul panorama europeo dall'età Ottoniana e formato, fino alla sua dissoluzione da parte di Napoleone nel 1806, da centinaia di staterelli, sottoposti nominalmente all'autorità dell'imperatore, ma in realtà praticamente indipendenti. Fu invece creata una Confederazione Germanica, formata da 39 stati tedeschi, comprese la Prussia e l'Austria, e la presidenza della quale spettava all'imperatore d'Austria.
La Russia si espanse verso occidente, inglobando buona parte della Polonia e la Finlandia, mentre la Prussia annetteva la Sassonia ed una serie di territori nella zona del Reno (Colonia, Treviri ed il bacino della Ruhr) e Spagna e Portogallo si segnalavano come potenze coloniali in declino.
L'Austria invece rinunciava al Belgio ed al Lussemburgo, che formarono, insieme all'Olanda, il regno dei Paesi Bassi, ottenendo in cambio il territorio dell'ormai defunta Repubblica di Venezia, che fu unito alla Lombardia nel Regno Lombardo-Veneto, e, grazie alle doti diplomatiche di Metternich consolidava la sua posizione in Germania (considerata, al pari dell'Italia, solamente come un'espressione geografica) e nel nostro Paese.

In Italia la situazione ritornò apparentemente allo status  quo ante, con la scomparsa però delle antiche repubbliche di Genova, Venezia e Lucca ed un rafforzamento della presenza austriaca: il granduca di Toscana Ferdinando III di Asburgo-Lorena, era infatti fratello di Francesco I d'Austria, ed erano inoltre imparentati con la casa d'Austria anche Maria Luisa, duchessa di Parma e Piacenza, e Francesco IV d'Asburgo-Este, duca di Modena e Reggio, mentre essa controllava direttamente Lombardo-Veneto, il Trentino, Trieste e parte dell'Istria.
Il regno di Napoli fu restituito a Francesco I di Borbone, che si legò con un trattato di alleanza militare all'impero, mentre anche lo Stato Pontificio accoglieva guarnigioni austriache.
L'unico stato italiano a mantenere una certa indipendenza fu il regno di Sardegna, che ricevette alcuni territori della Savoia e la Liguria, e vide aumentare la sua importanza come stato-cuscinetto nei riguardi della Francia.


In questa situazione del quadro europeo le principali potenze sono portate a rendere stabile e durevole la conformazione politica del continente e stringono per questo patti e alleanze. Il 15 settembre 1815 Russia, Prussia e Austria (più tardi aderirà anche la Francia), stringono la Santa Alleanza, voluta dallo Zar Alessandro e basata su criteri mistico-reazionari al fine di mantenere l'ordine assolutistico e religioso e il principio dinastico. L'Alleanza firmata "in nome della Santissima e Indivisibile Trinità", ha il principale obiettivo del controllo e dove possibile della soppressione del movimento liberale europeo. L'Inghilterra invece propone il patto segreto della Quadruplice Alleanza con Russia, Prussia e Austria, il cui scopo è di scongiurare il ripetersi di un nuovo periodo napoleonico e di istituzionalizzare il "concerto europeo", ovvero la pratica di periodiche conferenze per il controllo della situazione politica.

La storia ci ha dimostrato in seguito come questa situazione non potesse essere concretamente durevole e come non si potesse con un congresso eliminare la parentesi napoleonica. L'impero costruito dal generale Bonaparte aveva contribuito ad una progressiva interdipendenza politica ed economica del continente, che veniva ignorata dai progetti delle grandi potenze, le quali volevano di fatto affiancare una stagnante e retrograda conformazione politica con una dinamica situazione industriale e finanziaria, che trovava i suoi principali centri in Inghilterra. E' infatti la City di Londra il cuore delle transazioni finanziarie europee ed è proprio dal mercato londinese che le potenze dovevano attingere i fondi per far fronte ai propri impegni economici. La dottrina del libero scambio, sostenuta dagli Inglesi fin dagli ultimi decenni del Settecento si presentava vincente soprattutto considerando che la libertà di commercio era la principale richiesta degli emergenti ceti imprenditoriali dell'intero continente.

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