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Il Giornale

Venerdì 12 maggio 2006


Duecento anni fa la ghigliottina debuttava a Genova

Il 12 maggio 1806 la macchina importata da Napoleone giustiziò un ragazzo di Tribogna reo di rapine a mano armata

Pier Luigi Gardella

Era il 1805 quando Napoleone Bonaparte annesse definitivamente all'Impero Francese la Repubblica di Genova, già peraltro trasformata dai francesi in Repubblica Ligure, consacrando questa annessione con la sua visita alla fine del mese di giugno.

E l'anno dopo a Genova si inaugurò l'uso della ghigliottina. Fu il 12 maggio 1806 che essa fu usata la prima volta e lo sventurato che ebbe il «privilegio» di inaugurarla si chiamava Gio. Batta Garbarino; era un contadino diciannovenne di Tribogna che si era reso colpevole di una serie di rapine a mano armata lungo la strada pubblica.

Ne dette l'annuncio la «Gazzetta di Genova», che frattanto era diventata «Gazzetta Nazionale della Liguria» sottolineando il fatto con la grande presenza di pubblico all'esecuzione tenutasi innanzi a Porta Soprana.

Fu in una delle due torri, infatti, che venne collocata per tre anni, sino al 1809, la macchina da morte elaborata dal francese Joseph I. Guillotin.

Questo dottore francese, che in realtà perfezionò solo la macchina progettata da Antonio Louis, passò gran parte della sua vita a cercare di smentire, la paternità di questo strumento, ma invano: esso prese poi il nome proprio da lui.

I francesi portarono a Genova oltre alla ghigliottina anche il boia: per gli anni che essa rimase attiva in città, la ghigliottina fu azionata infatti dal celebre boia francese Charles Henry Sanson, più noto come il «boia di Parigi», il cui incarico gli era stato affidato a suo tempo da Luigi XVI e che proprio dallo stesso Sanson fu decapitato in tempo di Rivoluzione. Ma il suo curriculum era ricco di vittime illustri: la testa di Danton cadde nel 1794 sotto la lama della sua ghigliottina e qualche mese più tardi sarà sempre Sanson a sollevare la testa decapitata di Robespierre per mostrarla al popolo francese.

A Genova Sanson, «Pubblico esecutore di Giustizia», lavorò alacremente. Aveva l'alloggio gratuito in una casetta sottostante la Porta Soprana, ma non ebbe il privilegio dell'amicizia dei genovesi. Si narra che faticasse addirittura per trovare un padrino di battesimo alla figlia nata nel 1808 e in tutta fretta dovette abbandonare Genova quando nel 1814 cadde l'Impero napoleonico.

La «Gazzetta» riporta la notizia di un'altra esecuzione già il 14 maggio. Tale Alessandro Cucco, proveniente dalle parti di Voghera, è condannato alla pena capitale «per assassinio della propria moglie, gettata viva in un pozzo».

Anche un sacerdote, l'anno dopo, subì la pena della ghigliottina. Si trattava di Giovanni Agostino Longinotti di Borzonasca, reo confesso di assassinio.

Con l'annessione della Repubblica allo Stato piemontese, ritornò l'esecuzione delle condanne a morte con la forca, mediante impiccagione, Sanson rimpatriò in Francia, e fece invece parlare molto di sé il boia Pietro Pantoni, figlio d'arte.

Ma questa è un'altra storia.

STRUMENTO DI MORTE La ghigliottina e, a sinistra, la rievocazione dell’esecuzione genovese

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