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Il Giornale

Sabato 18 marzo 2006


BOTTA

Come è bello tornare dopo aver visto Roma

Che delusione il ritorno a Roma

Nella Capitale troppi stranieri e tanti rifiuti

Francesca Camponero

Tornare a Roma è sempre un'emozione per chi in questa città ha coltivato i suoi sogni di vita.

Una permanenza di due anni per studi negli anni '80, un'altra di un anno nel 2000, e poi un continuo andare e venire per motivi di lavoro, sono quelli che ti legano di un affetto incondizionato alla città.

Ma aimè quest'ultimo ritorno nella cara Capitale si dimostra una vera delusione.

Scendere da un treno già in ritardo di mezz'ora, pur essendo un Intercity, non è già un buon punto di partenza nell'approccio con la città, ma qui Roma non c'entra, la situazione Trenitalia è un altro capitolo. Quello che più ti lascia interdetto è il ritrovarti come approdato all'estero, vedendo così pochi italiani intorno a te.

Certo i turisti hanno sempre pullulato a Roma, ma qui non parliamo di turisti, ma di chi oramai vive nella città non facendone per niente parte.

Extracomunitari di ogni nazionalità, in quantità da super affollamento, coi quali ti ritrovi pigiato su una Metropolitana sporca, tra spintoni che non sai se dovuti al cercare il proprio spazio vitale in una calca simile a quella dei bovini al macello trasportati sui camion, o perché qualcuno sta tirando a farti fuori il portafogli.

Insomma una vera situazione da casbah.

Ricordo il sorriso che saliva alle labbra quando, messo il piede sui marciapiedi della città, proprio all'uscita della Stazione Termini, si sentiva il primo romano de Roma che ti diceva: «A signo' lo piglia il tassì?», ora non solo nessuno ti viene più incontro, ma se ti rivolgi a qualcuno per un'informazione ti senti rispondere con un accento che sta tra il polacco e il croato, e allora capisci che anche chi ti sembrava un italiano, non lo è. Sul traffico, non c’è niente che possa essere una novità, anche vent'anni fa era la stessa cosa. Un po' diversa è invece la situazione igienica.

Discariche negli angoli più belli di un centro storico unico al mondo e spazzatura non prelevata da giorni che invece di essere rimossa, viene presa a calci da ragazzacci che la sparpagliano per la via, come giocassero a pallone.

Allora ti sale il magone, non solo perché ti spiace che il tempo sia passato, ma perché oltre a renderti conto che non sei più giovane, ti senti straniero in terra straniera, perché purtroppo quello che apparteneva alle tue radici è stato snaturato.

L'intenzione che era quella di rimanere un giorno di più, sbrigati gli impegni lavorativi, per riassaporare i ricordi, rivisitando quelle bellezze che ti avevano sempre riempito il cuore, se ne va via e quasi con gioia pensi: «come sono fortunato a vivere a Genova», che, malgrado tutto, forse si può dire ancora una città a misura d'uomo.

E quando sul treno del ritorno, anch'esso rigorosamente in ritardo di un'altra mezz'ora, cominci a vedere la costa ligure, la trovi di una bellezza sconvolgente, cosa che è sempre stata, ma che ora riesci ad apprezzare di più.

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