Home > La Cronaca > La riscoperta delle radici liguri

[ Leggi l'intero dibattito su «L'identità ligure» ]


Il Giornale

Domenica 26 febbraio 2006


L’INVITO DEL M.I.L.

La riscoperta delle radici liguri

Vincenzo Matteucci*

Carissimo Lussana, ho letto il tuo interessantissimo articolo sull'identità ligure. Hai fatto un'analisi perfetta di quella che è la realtà: «L'identità ligure non si cerca anche perché, spesso i liguri - noi liguri - non ce la meritiamo... di questo dovremmo liberarci. Della vergogna o, per lo meno, della non consapevolezza della nostra identità...». Vorrei fare alcune considerazioni.

I liguri che fecero grande la Repubblica di Genova, l'identità ce l'avevano fortissima e non era l'identità del «campanilismo», ma l'identità della consapevolezza di essere riusciti a fare un vero e proprio «miracolo politico ed economico» e soprattutto essere riusciti a creare una vera e propria civiltà con autentici valori che i nostri giovani dovrebbero conoscere a scuola, perché attualissimi (www.mil2002.org/10_valori.htm). Una piccolissima Comunità, già per allora modernamente repubblicana, circondata da grandi regni ed imperi, pensava ed agiva già «globalmente» (maone e fondaci, vere e proprie «basi logistiche» sparse in tutto quello che era il mondo di allora) con un senso spiccatissimo della solidarietà sociale (Albergo dei Poveri, ospedale di Pammatone, ecc...). Ed era riuscita, per secoli, a «condizionare» la politica marittima e finanziaria dell'Europa. Se i Liguri conoscessero bene la loro vera Storia riuscirebbero a comprendere tante cose! Oggi, per esempio, un ruolo simile è svolto da due piccole Comunità, la Svizzera e Singapore. Cosa occorre fare affinché la Liguria possa riprendere tale «ruolo»? Per noi indipendentisti liguri c'è una sola possibilità: convincere i semplici Cittadini, la Gente comune, che dobbiamo riprenderci quella indipendenza, alla quale abbiamo diritto, non avendo mai votato-approvato il plebiscito di annessione all'Italia (come invece hanno fatto le altre regioni italiane) e quindi mettere le classi dirigenti liguri con le spalle al muro, perché devono essere «costrette», con i poteri decisionali sovrani, a riprendersi tutte le responsabilità. Una Liguria indipendente, con una classe dirigente preparata, capace e coraggiosa, rimetterebbe immediatamente la Liguria all'onore del mondo. Avrebbe una sua visibilità internazionale e potrebbe svolgere un ruolo importantissimo anche nella politica estera mediterranea. I Liguri smetterebbero di essere «piagnoni» e metterebbero in soffitta il «maniman». Una Liguria che iniziasse un tale «cammino», facendo valere i suoi diritti internazionali di ritornare indipendente, potrebbe mettere tali diritti a disposizione anche di tutto il territorio limitrofo che riceverebbe un grande impulso e potrebbe puntare, con il consenso popolare, ad una «Repubblica di Genova» che, si trasformi in una moderna «Repubblica Federale Mediterranea», con forti autonomie locali (modello Cantoni svizzeri), con poteri decisionali e notevoli mezzi finanziari che arriverebbero da tutto il mondo e avrebbe uno sviluppo formidabile. Un tale «cammino istituzionale» metterebbe in moto anche le migliori intelligenze giuridiche liguri, piemontesi e lombarde, perché chiaramente occorrerebbe un vero e proprio «progetto costituzionale». Sembra un sogno, ma invece è una realtà, legata ad una «globalizzazione» che è inarrestabile, che però «rivaluta e valorizza» l'importanza dei territori omogenei, con una loro specifica «visibilità».

È solamente necessaria la «spinta» dei semplici Cittadini che ci credono. I partiti, le oligarchie, ecc... seguirebbero a ruota! E ne avrebbero grandi vantaggi la stessa Italia e l'Europa. Importante è il ruolo dei mezzi di informazione e diamo atto alla redazione ligure de «Il Giornale» di svolgere, in tal senso, un ruolo encomiabile ed obiettivo. Noi ci crediamo e andiamo avanti e siamo convinti che, prima o dopo, «qualcosa» si sbloccherà.

*Presidente Mil-Movimento
Indipendentista Ligure

[ Inizio pagina ]


Il Giornale

Venerdì 24 febbraio 2006


ALLA RICERCA DELL’IDENTITÀ

Libera nos a malo

Massimiliano Lussana

Chi ci segue, sa che l’identità è un nostro pallino. Sa che invidiamo i sardi che dell’identità fanno una bandiera. Sa che, quasi soli nel panorama dell’informazione ligure, diamo sempre spazio alle iniziative degli indipendentisti del Mil di Franco Bampi e Vincenzo Matteucci. Non sempre siamo d’accordo con loro, a volte c’è un po’ di folclore, ma ci credono, parlano di identità e tanto basta a renderli dei benemeriti ai nostri occhi.

 

Natalino Balasso

 

Qualche settimana fa, ho avuto la fortuna di andare al teatro Modena di Sampierdarena ad assistere a uno spettacolo straordinario interpretato da Natalino Balasso. Libera nos si intitola. Ed è il racconto del Veneto più profondo secondo un grandissimo poeta vicentino come Luigi Meneghello. Della vita del suo paese, che si chiama Malo. Libera nos a Malo, per l’appunto. Balasso, e con lui Marco Paolini che ha dissotterrato l’opera straordinaria di Meneghello, e con lui Gabriele Vacis che firma la bellissima regia, hanno creato un capolavoro.

Ma qui non si parla di teatro. Qui si parla di identità. E il Libera nos di Balasso (e di Paolini, e di Vacis) è un capolavoro anche da questo punto di vista. Perchè è uno spettacolo che quell’identità la fa respirare in continuazione: dal punto di vista linguistico, dal punto di vista antropologico, dal punto di vista del recupero delle proprie radici. Libera nos è l’operazione culturale più forte andata in scena a Genova quest’anno. Eva dato atto all’Archivolto di averci creduto e di averlo proposto.

Il problema è che la dirompente forza culturale dell’opera di Meneghello regala sì l’identità. Ma l’identità veneta. Non quella ligure. Che non si sente, che non si respira, che non si cerca. E non perchè non esiste.

L’identità ligure non si cerca anche perchè, spesso i liguri - noi liguri - non ce la meritiamo. Quando, quest’estate, abbiamo lanciato il tema su queste pagine, ricordo solo il calore di due nostri cari lettori, Brunella Maietta e Gianluca Fois. Per il resto, silenzio. Dalle istituzioni, dal mondo politico, da chi di identità dovrebbe vivere.

Ecco, di questo dovremmo liberarci. Della vergogna o, per lo meno, della non consapevolezza della nostra identità. Dei nostri mali. Libera nos a malo, per l’appunto. Ma, stavolta, Meneghello non c’entra. Stavolta con la minuscola.

[ Inizio pagina ]