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Il Secolo XIX

Sabato 7 gennaio 2006


Lettere al Secolo XIX

La globalizzazione fermata dai piccoli

La globalizzazione può essere il cavallo di Troia delle multinazionali che vogliono un mondo fatto da tutti uguali ed omologati, onde poter produrre e vendere, più facilmente, i loro prodotti. Il commercio mondiale deve essere libero, ma l’offerta di prodotti deve essere la più variegata possibile e le produzioni devono tenere conto di usi, costumi, tradizioni, culture e religioni per tutelarli e salvaguardarli. Tutto questo lo si può ottenere pacificamente e civilmente, senza spaccare vetrine, imbrattare muri, picchiare cittadini, semplicemente dandosi da fare, affinché rinascano gli antichi Stati storici. La presenza, più numerosa possibile, di tanti piccoli-medi Stati, sovrani e indipendenti, è l’unico vero deterrente pacifico e civile, alla concentrazione di un potere quasi assoluto, nelle mani di pochi Stati di grandi dimensioni che, alleandosi fra loro e servendosi delle multinazionali, vogliono comandare tutto il mondo. L’esempio delle tre piccole Repubbliche baltiche è molto significativo. Finché sono restate annesse arbitrariamente al grande impero sovietico, hanno dovuto subire l’omologazione di Mosca e quasi nessuno le conosceva. Recuperata la loro indipendenza, si sono date una classe dirigente responsabile, sono entrate nell’Unione Europea e stanno tornando a essere visibili nello scenario mondiale. In questi ultimi anni, grazie anche alle mostre storiche che ci sono state a Genova e agli articoli e ai libri che sono stati pubblicati, è emersa una verità storica che pochissimi conoscevano: alla Liguria è stata tolta, arbitrariamente, l’indipendenza dal Congresso di Vienna del 1815, contro la volontà del suo legittimo governo e senza mai far votare il plebiscito alla popolazione, come invece hanno fatto le altre regioni italiane.

Il Consiglio provinciale di Genova, ventun Comuni liguri, una Comunità montana e due Circoscrizioni del capoluogo hanno approvato mozioni che affermano tutto questo. Lentamente, senza clamori e violenze, ma con la tenacia e perseveranza che è dote tipicamente ligure, anche la nostra regione sta riscoprendo i suoi diritti internazionali nell’ottica di riprendere la sua pluricentenaria indipendenza.

Il risultato non vuol dire chiusura e rifacimento di confini, ma opportunità, legate alla civiltà dell’accoglienza, a cosmopolitismo e tolleranza, ma anche possibilità di avere poteri decisionali che le permettano di muoversi da protagonista in quella economia marittima portuale e finanziaria che è sempre stata così connaturata alle sue tradizioni. La stessa Italia e l’Unione Europea ne avrebbero vantaggi.

Vincenzo Matteucci
Genova

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