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Il Secolo XIX

Giovedì 29 dicembre 2005


Ditelo a Maggiani

Il "disastro" politico del 1815

Ho letto con attenzione e interesse la lettera di Filippo Noceti a Maurizio Maggiani e la risposta di quest’ultimo. Lentamente sta finalmente emergendo la verità su quanto è accaduto alla Repubblica di Genova durante il Congresso di Vienna del 1815. È senz’altro vero, come scrive Maggiani, che «...essendo Genova Repubblica e Genova repubblicana cosa di questo mondo, ha avuto anche lei le sue contraddizioni...».

Ma le monarchie che decisero di toglierle l’indipendenza non lo fecero per le sue “contraddizioni”. Quello che temevano coloro che volevano ancora governare in maniera autoritaria e reazionaria, era invece proprio il propagarsi di una epidemia repubblicana. A Genova erano già sorti i primi moti popolari che vedevano sempre di più il loro futuro sbocco politico in un sistema repubblicano e democratico. Non può essere ignorato che la nobiltà genovese non era una nobiltà feudale. Affondava invece le sue radici nelle classi popolari. Una delle famiglie più blasonate, i Durazzo, erano albanesi che si erano saputi riscattare e, divenuti a tutti gli effetti genovesi, avevano dato ben nove dogi alla Repubblica. Quindi la classe dirigente genovese e ligure, anche se ancora fatta in prevalenza da rappresentanti cosiddetti nobili, era sempre più vicina al popolo, perché veniva dal popolo. Quando nel 1814 il generale inglese Bentinck decise di restituire la sovranità alla Repubblica di Genova, avendola liberata insieme agli insorti genovesi, dagli occupanti francesi, la principale preoccupazione fu che lo Statuto fosse il meno popolare possibile. È quindi evidente che le monarchie europee temevano il contagio repubblicano che poteva partire proprio da Genova. Doveva quindi essere tolta, anche se arbitrariamente e sapendo di violare il diritto internazionale, la sovranità alla Liguria e il bagno di sangue, con cui fu repressa l’insurrezione di Genova del 1849, doveva servire come “monito” a tutti i popoli che anelavano a maggiori libertà e democrazia.

Alcuni parlamentari europei hanno scritto che sarebbe un vantaggio per tutti se la Liguria potesse entrare nell’Unione Europea come Stato indipendente, portandoci i valori di tolleranza, democrazia, cosmopolitismo e autogoverno che erano propri della sua civiltà.

Vincenzo Matteucci
vincenzomatteucci@libero.it

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Il Secolo XIX

Mercoledì 28 dicembre 2005


Ditelo a Maggiani

La Repubblica di Genova e Genova Repubblicana

Ho letto in un suo recente intervento la denuncia della dipendenza italiana dai sistemi politici di altri Paesi, cioè della totale mancanza di un sistema politico italiano. Sto leggendo il bellissimo libro “L’identità genovese” di Mauro Bocci e proprio in questi giorni ho appreso che il famoso statuto concesso da Carlo Alberto altro non era che la Costituzione Spagnola, quella che l’intervento dell’austriaco Metternich mise a tacere senza troppe riverenze. Quello stesso Metternich nemico a vita di Mazzini. Quel medesimo Metternich che aveva paura di una Genova Repubblicana e che in barba a una presunta restaurazione dello statu quo ante cancellava in combutta con l’inglese Castlereagh l’antica Repubblica.

Genova era ritenuta, non a torto, pericolosa per le idee democratiche, costituzionaliste e liberali. Avrebbe potuto rappresentare un esempio per l’Europa con la sua indipendenza e questa le venne tolta senza alcun diritto, senza alcun riconoscimento del governo che mai firmò la risoluzione o del popolo che mai votò un plebiscito.

Grazie a Mazzini e allo spirito del popolo ligure le paure di Metternich si materializzarono ugualmente e egli dovette fuggire per tre anni dopo le rivoluzioni del 1848-’49, quando anche Genova venne bombardata e vessata da Vittorio Emanuele II per mano del generale La Marmora e dei suoi trentamila bersaglieri. E questa non è un’altra storia.

Filippo Noceti
Genova


No, non è un’altra storia, e ogni volta che passo da via Lamarmora mi chiedo perché proprio di lì uno spirito libertario, liberale, democratico e repubblicano è costretto a passare. Non che mi faccia poi così piacere passare da corso Umberto o viale Vittorio Emanuele, a meno che non ci abbia piazzato su tre begli alberghi nell’ambito di un noioso pomeriggio invernale dedicato al Monopoli. Dopodiché, essendo Genova Repubblica e Genova repubblicana cosa di questo mondo, ha avuto anche lei le sue contraddizioni, e non sarei così propenso a usare il tutto tondo per raccontarle. E neppure questa è un’altra storia.

[ Maurizio Maggiani, ndr ]

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