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La Repubblica

Mercoledì 14 luglio 2004


 

Oltre lo Statuto Regionale

Attento Coletti
la Liguria
è una nazione

PROFESSOR. Coletti, abbiamo letto con moltissima attenzione il suo intervento su «la Repubblica» dell’11 luglio 2004 ed escludendo qualsiasi malafede o idee preconcette da parte Sua, vi abbiamo trovato soprattutto un “vizio” fondamentale : la non conoscenza della vera storia della Liguria. Lei chiede: «Esiste una realtà omogenea e abbastanza compatta che va da Ventimiglia a La Spezia e che si riconosce in Genova come nel suo centro ?» Tale realtà non può esistere perché la «Repubblica di Genova» rispettava le autonomie-sovranità locali, vedi Repubblica di Noli, Statuti autonomi dei Comuni e le sovranità dei “feudi imperiali”. Quello che è stato uno dei “pregi” della forma istituzionale “Repubblica di Genova”, Lei lo vede come un “grave difetto”. Le ideologie totalizzanti degli Stati nazionalisti che ci hanno poi portato a ben due guerre mondiali, “stupide” guerre coloniali e regimi autoritari dispotici non hanno mai “albergato” nella “Repubblica di Genova”. Sono stati gli “altri” che hanno sempre tentato di calpestare la libera Repubblica. Si pensi a tutte le guerre e congiure fatte dai Savoia! Alle prepotenze dei Francesi (bombardamento di Genova del 1684, assedio di Massena del 1800), fino alla “annessione” arbitraria, illegittima e violenta al regno savoiardo di Sardegna e alla gravissima repressione del 1849. Lei fa rimarcare ripetutamente che La Spezia quasi non si sente Ligure . Lo sa che nel 180 a.C. oltre 43 mila Liguri Apuani furono deportati con la forza nel Sannio perché irriducibili “ribelli” nei confronti di Roma e “sostituiti” con 43 mila “famiglie romane”? Non può “pensare” che questa “deportazione” possa forse aver “inciso” nelle popolazioni che poi si sono succedute? Certamente nei suoi 700 anni di “Repubblica di Genova” ci sono stati anche “episodi” che potevano essere evitati, nei confronti delle popolazioni delle Riviere. Ma ciò è accaduto nelle Storie di tutti i popoli e di tutti gli Stati, compreso quello “stato unitario” che oggi chiamiamo Italia. Pensiamo a quello che hanno fatto i Tedeschi con il Nazismo, i Russi con l’impero sovietico, ecc...! Poi Lei afferma: «Certo, le cose sono cambiate e stanno cambiando da quando esiste l’unità burocratica Regione, e Genova sta guadagnando a poco a poco la sua centralità anche nei fatti e nelle abitudini di tutti i liguri». Non le viene il “dubbio” ( per noi è una “certezza” ) che se la Liguria fosse restata una Nazione indipendente anche dopo il 1815 (quando invece fu annessa al Piemonte), forse questa “unità burocratica” non solo sarebbe già molto avanzata ma, addirittura la civiltà ligure con i suoi autentici valori avrebbe potuto anche “condizionare” in senso positivo sia l’Italia che l’Europa?

Vincenzo Matteucci e
Franco Bampi
(Movimento Indipendentista
Ligure)

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La Repubblica

Domenica 11 luglio 2004


 

Quale Statuto
se la Liguria
non esiste?

VITTORIO COLETTI

LA REGIONE Liguria si sta dando un nuovo statuto. Prima o poi arriverà (essendo una fesseria, arriverà) la devolution ad assicurarle ulteriore autonomia e consistenza. Ma esiste una regione Liguria? Esiste una realtà omogenea e abbastanza compatta che va da Ventimiglia a La Spezia e che si riconosce in Genova come nel suo centro? I tratti comuni e unificanti sono almeno pari e magari anche superiori a quelli diversificanti e non condivisi da tutta la regione?

I pochi spezzini che capitavano nella Liguria di Ponente venivano chiamati, fino a qualche tempo fa, "italiani",tanto si sentivano la loro lingua, i loro modi di fare diversi da quelli regionali e più simili a quelli toscani. Liguri di Levante, del resto, ne sono sempre circolati pochi a Ponente, e viceversa. Nonostante la somiglianza di vocazione, di paesaggio, di fisionomia sociale Alassio e Rapallo non hanno mai avuto veri rapporti tra di loro, né mi risultano particolari scambi e contatti tra Sanremo e Santa Margherita. Neppure i porti uniscono le città che ne sono dotate e tra Savona e La Spezia e Genova c'è più concorrenza che integrazione. Da Savona andando verso il confine, le direttrici verticali col Piemonte diventano via via non meno e forse più importanti di quelle orizzontali che legano la Liguria da est a ovest. Anche le presenze extraregionali dividono le due Riviere: milanesi a levante e piemontesi a Ponente. Il Ponente si è a lungo più riconosciuto nel Piemonte e in Torino che nella Liguria e in Genova. Il tratto sabaudo è, nell'architettura di non poche cittadine (basti pensare a Onegl1a), nelle loro tradizioni, nella toponomastica, più forte di quello genovese. Chi faceva l'universltà e proveniva dal Ponente guardava, fino a tutti gli anni sessanta, più a Torino che a Genova. Anche il lavoro si è per molto tempo cercato e trovato nel capoluogo piemontese (quanti dipendenti Fiat!) più che in quello ligure. Le linee dei treni univano (e in parte ancora lo fanno) il Ponente al Piemonte più che al Levante, e ancora oggi quelle delle corriere collegano giornalmente Imperia a Cuneo. Il basso Piemonte è da sempre più vicino e conosciuto dell'altro versante della regione. Gli imperiesi e gli albenganesi sono di casa a Mondovì per fiere e mercati, affollano le località di villeggiatura montane (Limone, Ormea, Garessio), frequentano Ceva e le sue valli e si fanno non di rado curare a Fossano. La manodopera delle campagne è stata a lungo reclutata nel Basso Piemonte, favorendo matrimoni e parentele che legano ancora oggi strettamente il Ponente al Cuneese. Per di più, il Ponente guarda con crescente familiarità alla Francia, dove si cementa ulteriormente, in condomini e spiagge, la antica vicinanza con i piemontesi che bazzicano in massa la Costa Azzurra. Folle di acquirenti ponentini vanno a fare spesa a Nizza controbilanciando il massiccio flusso di francesi che vengono al mercato di Ventimiglia o nei negozi di Sanremo e di lmperia. Non sono pochi ormai neppure quelli che studiano all'università in Francia. Nei libri dei grandi scrittori del Ponente, da Boine a Calvino a Biamonti, non c'è Genova, la Liguria finisce tra Albenga e a Savona, è più di terra (come appunto il Ponente) che di mare (come invece Genova e il Levante).

Si potrebbe continuare a lungo. Ma c è quanto basta, credo, per riproporre la domanda iniziale: esiste la Liguria? Ha senso una regione che fa riferimento a una realtà storica, economica, culturale che la vede più divisa che unita, più riferita ad altre realtà (Piemonte da una parte e Lombardia dall'altra) che alla sua propria, più vicina agli stranieri (la Francia) che a se stessa? Certo, le cose sono cambiate e stanno cambiando da quando esiste l'unità burocratica Regione, e Genova sta guadagnando a poco a poco la sua centralità anche nei fatti e nelle abitudini di tutti i liguri. Ma basterà il comune riferimento a uno stesso centro a giustificare una coesione, che un pomposo (tentativo di) Statuto  sembra ritenere più forte e radicata di quanto davvero non sia?

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