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Relazione terza al Governo del 20 Maggio

Signori. - Col rispettoso mio Dispaccio del 17 corrente Maggio ebbi l'onore di accennare alle Signorie Vostre, che avrei procurato di ottenere per il seguente giorno 18 una seconda udienza dal segretario di Stato Britannico. Recatomi a tale effetto mercoledì mattina al suo palazzo, mi fece dire Milord, che mi avrebbe fra breve veduto, ma sopraggiuntegli poi molte occupazioni, fu soltanto ammesso, e per brevi momenti, una numerosa deputazione della Città di Bruxelles, che gli si presentava la prima volta; né altri fu ricevuto. Ben lo vidi la sera ad una festa da ballo, data da suo fratello Sir Charles Stewart, Ministro presso la Corte di Berlino, e riuscitomi di avvicinarlo, ed introdottovi discorso di Genova, parlò assai cortesemente dell'accoglimento costì fattosi agli Inglesi, dimostrando quanto esso, ed i suoi ne fossero grati. Non omisi, quanto il luogo e la circostanza lo concedevano, di ricordargli i nostri voti e le nostre speranze.

Ieri mattina poi introdotto presso di lui, gli ho detto che profittavo del permesso datomi di vederlo per sottomettergli alcune osservazioni su quanto mi aveva egli fatto l'onore di comunicarmi nell'udienza precedente, e gli ho presentata la Nota, che acclusa trasmetto alle Signorie Vostre. Prese egli a leggere la prima parte, ma interrotta in seguito la lettura, disse: «certo il vostro commercio deve essere conservato, e il vostro porto esser libero, ancor quando la sicurezza generale esigesse delle disposizioni territoriali diverse da quelle, che domandate. Fornitemi su di ciò le vostre idee ». - Risposi, che io non ne avevo, né poteva averne che una sola, cioè, il ristabilimento della Repubblica, perchè non pensavo esservi altro mezzo di conservare il nostro commercio, come avrebbe veduto, se avesse proseguito la lettura della mia Nota. «Sì, riprese Milord, questa è la vostra domanda, ed io non intendo di nulla dire riguardo a questa, perchè la decisione non dipende soltanto dall'Inghilterra, ma anche dalle altre Potenze alleate. Voi vedete però, che non vi è più in Italia nessuna .Repubblica, che Venezia più non esiste, e che non si possono ora avere dei piccoli Stati suddivisi, e incapaci di resistere nel pericolo, dovendo tutti, e anche voi, contribuire alla difesa comune, tanto più che Genova è un punto fortissimo e importantissimo». - Vi contribuiremo noi pure, ripigliai, ma perchè nol potressimo senza essere riuniti al Piemonte? e se effettivamente ci si crede troppo deboli, perchè non si potrebbero combinare tali disposizioni per cui in caso di guerra il porto di Genova, e i golfi della Spezia e di Vado fossero occupati dalle truppe Britanniche? «Ecco, rispose Milord, l'idea che si vuol sempre avere di noi sul continente. Ci si crede mercanti, si crede che vogliamo occupare degli stabilimenti dappertutto, e dominare in ogni parte. Ma ciò non è vero:  abbiamo idee più liberali: e una volta che le cose siano stabilite in un modo sicuro da non aver timore della rinnovazione della guerra, noi ci ritireremo dal continente per ricomparirvi se si rinnovasse il pericolo. Per essere sicuri vi vogliono degli Stati forti. Vi ripeto, che nulla è deciso, ma datemi le vostre idee sulle disposizioni necessarie, affinché il vostro porto sia libero; datemele in via d'informazione, e senza che questo pregiudichi punto la questione». - Ma chi in tal caso, dissi, ce ne garantirebbe la conservazione? L'Europa, rispose Milord, designando con questa espressione consacrata ora dall'uso, e che ho già qui sentita ripetere assai volte, la riunione dei Sovrani alleati, come una generale confederazione Europea.

Siccome io avrei volentieri evitato di eseguire per iscritto ciò che mi veniva richiesto da Milord, e di cui mi pareva non dovermi occupare neppure in via di semplice ipotesi; così cercavo di entrar in materia a voce dimostrando, anche in senso della nota presentata, che una volta riunita al Piemonte la Riviera di Ponente, la Corte di Torino avrebbe proibito ogni transito per le merci procedenti da Genova, accordandolo soltanto a quelle sbarcate nel suo nuovo territorio; e più altre cose sarei andato dicendo, ma Milord riprese definitivamente: «non potete avere al momento delle idee su quanto vi domando, pensateci, e portatemele» - e vedendo la mia ripugnanza, aggiunse: «questo è, ripeto, per semplice mia informazione». Né mi fu possibile insistere ulteriormente. Solo domandai se continuava egli a pensare, come mi aveva detto l'altra volta, che questi affari non si sarebbero decisi a Parigi, ma altrove; e rispose, che probabilissimamente così sarebbe, ma che non poteva assicurarlo, quantunque fosse certo che un Congresso si radunerebbe indubitatamente a Vienna.

Il tenore di questa seconda conferenza non è, come ben vedono le Signorie Vostre, punto diverso da quello di prima, mentre si scorge chiaramente 1° che malgrado ogni nostra contraria osservazione prevale sempre la massima d'ingrandire il Piemonte, onde farne una più valida barriera contro la Francia, la cui potenza, benché diminuita di tanto, pure si teme o si mostra di temere; 2° che difficilmente si vorrà ristabilire una Repubblica, quando le altre o sono estinte come Venezia, o ridotte quindi ad una Costituzione monarchica, come l'Olanda.

L'applicazione della prima massima potendo essere più o meno estesa, lascia luogo ad esaminare sino a qual punto potrebbe restare circoscritto il territorio, e conservare nondimeno alla città un esistenza politica, come città anseatica.

Quantunque non sia ben chiaro, che le indicazioni richieste da Milord Castlereagh riguardino questo caso, e si debba forse anzi temere, che abbia voluto contemplare quello della dipendenza dal Piemonte (spiegazione, che ho procurato d'evitare); mi ristringerò nella risposta, che malgrado ogni mia ripugnanza non mi sembra possibile di ricusare, mi restringerò, diceva, all'ipotesi meno sfavorevole, premesso ben inteso tutte le opportune riserve e proteste. Se fosse la presente una trattativa ordinaria e regolare, certo che la mancanza d'istruzioni relative alla domanda fatta da Milord, sarebbe un motivo sufficiente di esimersi dal rispondere. Ma ben ponderato le circostanze particolari e straordinarie, in cui ci troviamo, ed il maggior pericolo del silenzio, mi lusingo che le Signorie Vostre riconosceranno la necessità di supplire, come meglio si possa, a tale mancanza. E mi propongo perciò di sentire su questo importantissimo oggetto il parere dei nostri Concittadini qui dimoranti, della cui utile cooperazione sono autorizzato dalle istruzioni a prevalermi, e mi sarà d'assai conforto in sì grave occasione.

Il dubbio poi che la qualità del Governo repubblicano sia un ostacolo di più al formare uno Stato da se, oltre il dedursi da non poche espressioni di Milord Castlereagh, mi rinviene pure per discorsi tenuti da uno dei ministri Russi, a cui si dice, che l'Imperatore Alessandro talvolta deferisca. Se, come le Signorie Vostre sembravano supporre nel dispaccio del 6 corrente, si fosse conservata a Milano la speranza di formare un Regno d'Italia, o di Lombardia, si sarebbe allora potuto esaminare !a convenienza della riunione a quello Stato. Parimente se nel numero dei Principi, che domandano indennizzazioni, ve ne fosse taluno, che riunisse una qualche probabilità di conseguirla in tutto, o parte del Genovesato, potrebbe pure essere un oggetto d'esame il vedere, se nell'impossibilità di ristabilire il Governo repubblicano, piuttosto che restare riuniti a un altro Stato, e specialmente al Piemonte, non convenisse meglio il procurar di formare un piccolo Principato separato, il quale per le relazioni di famiglia del Principe avesse un appoggio presso altre maggiori Potenze. Ma non essendovi, o almeno non conoscendo io simile probabilità, sarebbe inutile l'occuparsene.

Non ho più ricevuta, come già segnai, alcuna risposta alla domanda rispettivamente trasmessa al Principe di Metternich, ed al Conte di Nesselrode per ottenerne udienza; e vengo assicurato essere invariabile la determinazione di non ammettere simili Deputazioni. Non rimane perciò che procurare di essere ricevuto almeno dal primo, come privato.

Si continua a credere compiuta la grand'opera della pace, che le Potenze alleate e la Francia, benché finora non si pubblichino le condizioni del Trattato fra queste, si dice di nuovo la cessione di una parte della Savoia. Sembra che la partenza dell'Imperatore Alessandro, e del Re di Prussia per Londra, avrà luogo nella settimana ventura. Ma nulla di tutto ciò è ben sicuro. In attenzione di ulteriori ordini delle Signorie Vostre ho intanto l'onore ecc.

A. PARETO

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