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Protesta e abdicazione del Governo Provvisorio Genova

Del 26 Dicembre 1814

La speranza di rendere alla nostra cara patria il suo splendore primitivo, ci ha fatto accettare le redini del governo.

Tutto sembrava giustificare il nostro intento: i Proclami d'un generale inglese troppo generoso per abusare della vittoria, troppo illuminato per porre innanzi il diritto dubbioso di conquista, le prerogative imprescrittibili d'un popolo, di cui l'indipendenza s'attacca al principio di sua storia, e forma una base dell'equilibrio d'Italia, garantito nell'ultimo trattato d'Aquisgrana, l'evidente nullità di sua riunione a un impero oppressore poiché vi si ammise il principio che il consentimento degli abitanti era indispensabile e che si conta come avessero dato lor voto in favore di questa riunione, tutti quelli che non avevano punto votato; la dissoluzione di questo impero, soprattutto la garanzia delle alte Potenze alleale dichiaranti d'innanzi all'universo attento e riconoscente che era tempo che i governi rispettassero loro indipendenza reciproca; che un trattato solenne, una pace generale andrebbe ad assicurare i diritti e la libertà di tutti, ristabilire l'antico equilibrio in Europa, garantire il riposo e la libertà dei popoli, e prevenire le invasioni che già da tanto tempo hanno desolato il mondo.

Dopo queste dichiarazioni memorabili, dopo una amministrazione assai felice per aprire le primiere sorgenti della prosperità nazionale, dopo che lo stato ha ripreso senza ostacoli tutte le insegne della sovranità, e che la sua antica bandiera ha sventolato su tutte le coste, ed è stata ricevuta in tutti i porti del Mediterraneo, noi siamo stati altrettanto sorpresi che profondamente afflitti di sapere la risoluzione del Congresso di Vienna, portante la riunione di questo stato a quello di S. M. il Re di Sardegna.

Tutto ciò che poteva fare per i diritti del suo popolo un governo spogliato di tutti gli altri mezzi che quello della ragione e della giustizia, la nostra coscienza ci rende testimonianza, e le prime corti dell'Europa ne sono bene informate che noi l'abbiamo fatto senza riserva e senza esitazione.

Non ci resta adunque più che a compiere un tristo ed onorevole dovere, quello di protestare che i diritti dei Genovesi all'indipendenza possono essere sconosciuti, ma non saprebbero essere annientati.

Questo atto conservatorio non ha nulla di opposto al profondo ed inviolabile rispetto di cui siamo penetrati per le alte Potenze contrattanti nella capitale dell'Austria, ed è dettato dal sentimento intimo e irresistibile del nostro dovere, ed è tale che ogni stato libero posto in simili circostanze l'avrebbe desiderato da' suoi primi magistrati; come i nostri rispettabili vicini l'annuncierebbero, forse se accadesse mai (e il corso impenetrabile dei tempi può un giorno condurre quest'avvenimento) che la loro capitale fosse trasportata sopra una terra straniera, e il lor paese riunito ad un stato più possente.

Il nostro compito è finito, noi abdichiamo senza disgusto il potere che ci era stato confidato sotto i migliori auspicii. Le autorità amministrative, municipali, e giudiziarie continueranno a esercitare le loro funzioni, le transazioni commerciali seguiranno il loro solito corso; il popolo sarà tranquillo e meriterà, per l'attitudine convenevole in queste gravi circostanze, la stima del principe che viene a governarlo, e l'interesse delle potenze che prendono parte al nostro destino.

Il Presidente del Governo
Sottoscritto GIROLAMO SERRA.

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