Quei liguri sparsi nel mondo
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Il Giornale Venerdì 5 settembre 2003

IN UN LIBRO LA STORIA DEI PRIMI EMIGRANTI

Quei liguri sparsi nel mondo

Cominciò nel 1870 la prima fuga di massa dall'Italia sabauda

FRANCESCA BOSCHIERI

   
  Una foto d'epoca degli emigranti in partenza dal porto di Genova

I liguri scoprirono l'America una seconda volta, nell'Ottocento. È infatti datata 1870 la prima emigrazione di massa verso l'America dei pionieri italiani e tra questi, moltissimi erano genovesi. Se ne trova una testimonianza nei volumi «L'emigrazione italiana 1870-1970», un'inedita mappatura di tutti i flussi migratori dei nostri avi verso i quattro continenti. Un viaggio di oltre 1.400 pagine, sintesi di anni di studi, sullo sradicamento che migliaia di persone dovettero affrontare, proiettandosi ai confini del mondo.

Un importante contributo alla storia dell'emigrazione è stato dato da Adele Maiello, docente di Scienze politiche presso l'Università di Genova, che ha ricostruito lucidamente i caratteri di questa prima emigrazione ligure nella mostra «From Italy to California» all'Haggin Museum di Stockton, in California. Stockton, il piccolo paese d'elezione dei liguri, sul fiume Joachim, nella West Coast selvaggia, ha rappresentato l'ultima frontiera della corsa all'oro e alla terra. Quando vi arrivò la ferrovia nel 1869, i genovesi erano già là, ad aspettarla dal 1848. Stockton è solo uno dei tanti approdi di liguri nel mondo, ma le storie e le vite dei suoi «self made men>, di questi uomini che hanno saputo costruire con spirito imprenditoriale la loro ricchezza di oggi, aiutano a tracciare le linee guida di questa prima emigrazione. Che ha caratteri suoi particolari.

Innanzitutto il tempo. I liguri furono i primissimi ad emigrare in America, già nei primi dell'Ottocento. Poi il tipo di uomini. Erano soprattutto mercanti-marinai, soldati di ventura e mercenari, uomini comunque molto aggressivi, pronti a tutto, ben diversi dall'immagine stereotipata dell'immigrato del Novecento, povero e con famiglia: uomini soli, maschi, che partivano alla volta soprattutto dell'America del Sud (Paraguay, Uruguay, Argentina, Cile e Perù le mete predilette) spesso sposandosi con donne del luogo. Le loro armi? L'intelligenza nel commercio e nella navigazione. Erano abilissimi a navigare i fiumi per trasportare merci e va da sé che in Argentina, ad esempio, dove c'erano pochissime strade, avere il monopolio del cabotaggio era essenziale. Il trasporto delle derrate alimentari lungo le vie d'acqua fu una caratteristica ligure fino all'arrivo delle grandi compagnie di navigazione.

Accanto ai mercanti c'erano in numero minore i «dissidenti», i renitenti al servizio militare, gli antimonarchici e gli anticlericali soprattutto della costa ligure e gli esuli politici che cercavano una nuova vita in una terra vergine, dove poter seguire liberamente i loro ideali, primo tra tutti Garibaldi.

Erano tutti, altra caratteristica ligure, flessibili al lavoro, cioè abituati a compierne molti e differenziati. Una forza, quella di inventarsi attività complementari, che li fece ricchi. Un detto infatti recitava «Miners mine the gold, Italians mine the miners», cioè «i minatori scavano l'oro, gli italiani scavano i minatori». Niente di più vero, perché, spiega la Maiello, «i liguri di Stockton, ad esempio, fornivano soprattutto servizi. Domenico Ghiraldelli è uno di questi straordinari uomini che hanno contribuito alla costruzione del nuovo stato della California e lo ha fatto vendendo cioccolato».

Nella prima colonizzazione furono anche fondamentali i rapporti di solidarietà, addirittura in certi casi intraregionale. «Nessuno poteva pensare di essere ricco, quando tutti erano poveri», conferma la Maiello. Che ricorda come la comunità, diventata ricca, si ricordò, nella seconda generazione, dei suoi «vecchi» di Liguria. E mandò a casa soldi per costruire case nei loro paesi d'origine, restaurare i palazzi pubblici nelle cittadine dei loro cari, abbellendone le piazze con nuovi monumenti. Neanche a dirlo, per lo più dedicati a Garibaldi e Mazzini.

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