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Bixio e Mameli a Genova

La notizia della disfatta di Novara giunse a Roma solo il 25 marzo, rallegrando forse Mazzini e i suoi seguaci: l'Italia, liquidati i Savoia, la si poteva finalmente fare democratica e repubblicana. Tre giorni dopo, Genova, rifiutandosi di piegarsi all'armistizio e alla disfatta regia, era insorta. L'esercito della Repubblica romana avrebbe dovuto dare man forte alla città  e stendere - come scrisse Pisacane - "due braccia verso il Settentrione... per schiacciare le dispotiche forze agglomerate nella valle del Po". Mazzini inviò Bixio e Mameli a Genova per stringere accordi col Comitato d'insurrezione, che voleva porre in città, trasferendola da Torino, la sede del Governo e del Parlamento, e riprendere la guerra contro l'Austria. Ecco come Bixio ricorda quei giorni nel suo Diario:

 
 

Nino Bixio

"Parto da Roma il 4 Aprile.
"Arrivato il 5 Aprile a Civitavecchia e partito per Livorno con la Città di Marsiglia.
"Arrivato il 6 Aprile a Livorno.
"Arrivato il 7 Aprile a Genova ".

Postosi agli ordini del generale Avezzana, si recò nella villa di San Vito alla Foce, la casa di Bianca Rebizzo, per prendere accordi con i comandanti della Divisione Lombarda e il rappresentante del Governo di Toscana, Giuseppe Montanelli, per la difesa della città, stretta d'assedio dal La Marmora. Ma la resistenza non durò che fino al 10 aprile, e a Nino, Mameli e Avezzana non restò altro scampo che la fuga. "Il 10 aprile - scrive sempre nel Diario - ... partiamo con Avezzana e Mameli sopra un vapore americano da guerra, il Princetown, capitano Enyle; il 12 passiamo a bordo dell'Allighenny, altro vapore americano che ci conduce a Civitavecchia. Partiti alle tre pomeridiane, nella notte ci fermiamo nel Canale di Piombino per la incertezza dei fanali. All'alba del 13 aprile si fa cammino, ma il tempo è contrario; venti da S. E. Mare assai gonfio e pioggia con nebbia fitta."

L'Allighenny raggiunse Civitavecchia il 24 aprile, lo stesso giorno dell'arrivo in quelle acque della squadra francese del generale Oudinot...

Tratto da Marcello Staglieno, Nino Bixio, Milano, Rizzoli, 1973 p. 87-89

Ma ecco finalmente Carlo Alberto rompere l'armistizio e dichiarare guerra all'Austria. Bastò l'annuncio perchè Mameli, lasciate le istruzioni ai suoi fedeli si precipitasse a Roma.

Destino ingrato! Mentre Goffredo era in viaggio già correva per l'Italia l'annuncio del disastro di Novara e dell'abdicazione del Re.

 

Goffredo Mameli

 

E pochi giorni appresso Genova italiana, patriota e mazziniana, sconfessando la Monarchia ed il Governo Piemontese, rispondeva all'annuncio della sconfitta insorgendo.

Siamo al 28 di marzo.

Come si svilupparono questi avvenimenti? Quali furono le azioni degli insorti e come questi costrinsero la guarnigione a capitolare? Non tutto si conosce di quest'episodio rivoluzionario. Certo, il Generale Avezzana, comandante della Guardia Nazionale, nel lanciare il proclama ai genovesi, lasciando dopo la resa la città nelle mani del Generale Lamarmora, comandante il Corpo d'Armata Piemontese inviato in soccorso,ebbe queste significative parole:

«Genova insorse per un momento e quel momento resta documento di ciò che possa il popolo quando vuole davvero. L'insurrezione ridusse un numeroso presidio, forte di organizzazioni e di posizioni, a capitolare; tenne un'intera armata alle porte ed anche oggi ella non entra che per trattare col vostro Municipio.
«Genovesi, la storia ricorderà lungamente le vostre barricate!

Goffredo, per un complesso di avverse circostanze raggiunse Genova quando il moto insurrezionale stava ormai per morire. Partito con Bixio da Roma il 4 aprile, il 5 era a Civitavecchia e qui prendeva imbarco sul «Città di Marsiglia» giungendo il 7 a Genova. La città era ancora in istato insurrezionale, ma il Governo Provvisorio utilizzando una proroga di armistizio di 48 ore concordata col Generale La Marmora, stava già trattando. Il forte di San Giuliano s'era già arreso.

Fu solo il 10 aprile che la città capitolò, quando apparve non più possibile agli insorti l'atteso arrivo di una Divisione Lombarda che doveva scendere in soccorso di Genova rivoluzionaria.

Lo stesso giorno 10 aprile Mameli, Bixio, col Generale Avezzana s'imbarcarono su di una nave da guerra americana che li trasportò a Civitavecchia. Il 14 erano già a Roma.

Ma le sofferenze morali non danno tregua a Mameli. Dopo la sconfitta di Novara, dopo l'insuccesso dell'improvvisa ed effimera rivoluzione genovese, ecco un altro grave colpo al cuore di tutti i patrioti: lo sbarco avvenuto il 24 aprile di un Corpo d'Esercito francese a Civitavecchia al comando del Generale Oudinot.

Tratto da Domenico Seghetti, Goffredo Mameli, Genova, F. Ceretti Editore, 1950 p. 122-123

Poi seppero che ivi, rotta di nuovo la guerra, l'esercito era stato vinto a Novara; che Carlo Alberto aveva abdicato; che il nuovo Re aveva fatta la pace con l'Austria e che Genova era insorta a protesta. Bixio vi volò da Roma, per dare alle collere della sua città anche quella del suo cuore. Ma a Genova tutto fu finito in pochi giorni, la città si arrese; e allora egli con Mameli, su d'un vapore da guerra americano, se ne tornò addolorato a Civitavecchia e a Roma. Era con essi su quella nave il generale Avezzana.

Tratto da Giuseppe Cesare Abba, La vita di Nino Bixio, Torino-Roma, Casa Editrice Nazionale, 1905 p. 36-37


Giuseppe Avezzana

Raggiunta Roma, Bixio e Mameli sono tra i più attivi nell'opera di organizzare i servizi civili, le difese militari, la vita della città libera. Ad interrompere brevemente tutta quella febbre, arriva la notizia che Genova è insorta: Nino e Goffredo, che non dimenticano di essere repubblicani della miglior pasta, saltando da un bastimento all'altro rientrano nella loro città per mettere passione ed esperienza al servizio del generale Avezzana; però la sollevazione è presto domata dal La Marmora, e i due alfieri ritornano a Roma.

Tratto da Felice Ballero, Nino Bixio, in Enciclopedia dei liguri illustri vol. 1, Erga, 1970, Genova

Dopo che Carlo Alberto, sollecitato da mille parti, aveva denunciato l'armistizio ed iniziato l'infelice campagna che si chiuderà con la sconfitta di Novara, Genova rialza la testa, non ne vuole più sapere del governo di Torino, forma una giunta provvisoria. Bixio e Mameli rimpatriano precipitosamente, mettendosi a disposizione del generale Avezzana che comandava le truppe ribelli. Là parentesi di questa Genova indipendente e repubblicana è molto breve. Lamarmora costringe la città ad arrendersi, Avezzana, Bixio e Mameli rientrano a Roma appena poche ore prima che le truppe francesi del generale Oudinot attacchino la città.

Tratto da Felice Ballero, Goffredo Mameli, in Enciclopedia dei liguri illustri vol. 1, Erga, 1970, Genova

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