«Non mettano piede a Firenze»
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Corriere della Sera Sabato 9 febbraio 2002

«I Savoia violarono la città più amata
Meglio non mettano piede a Firenze»

di FRANCO ZEFFIRELLI
regista

«Torino piange quando il prence parte.
Esulta Roma quando il prence arriva.
Ma Firenze, città culla dell'Arte,
se ne infischia quando arriva e quando parte»

Lo sentivo dire dai miei vecchi quando ero bambino. A Firenze i Savoia avevano lasciato davvero un gran brutto ricordo. E anche un profondo disprezzo verso questa famiglia straniera che parlava appena la nostra lingua, e che nulla ci aveva regalato: indifferente ed estranea a tutto quello che di straordinario era successo nei secoli in questo Paese. Il Medioevo, il Gotico, il Rinascimento. Pittori? Scu1tori? Poeti? Un disprezzo profondo, dicevo, che non ci ha mai abbandonato né ci abbandonerà mai.

Lo capimmo subito, noi fiorentini, quando sul cammino inesorabile dell'Unità, Firenze fu scelta come capitale «temporanea» del Regno. «Capitale questa cittadina di provincia chiusa in se stessa con i suoi tesori? Per carità». Pochi anni bastarono alle legioni di burocrati e di pianificatori del governo piemontese per inf1iggere alla città più bella e più amata del mondo il più feroce massacro che la storia del mondo civile ricordi. Il centro medievale e rinascimentale fu letteralmente raso al suolo «da secolare squa1lore - fu la demenziale parola d'ordine - a vita nuova restituita». E con una rapidità, con una alacrità senza precedenti furono abbattuti chilometri e chilometri di gloriose mura della cinta trecentesca. «Una capitale degna di questo nome non può non avere larghi e moderni "boulevards", vogliamo scherzare?». E giù meravigliose strade, incantevoli parchi e giardini, palazzi e chiese, quartieri interi carichi di storia e gelosamente custoditi. È bene ricordare che i boulevards furono un fiasco e che la mia città rimase disperatamente aggrappata a quel che le era restato del suo cuore antico.

Quando se ne andarono i fiorentini, storditi, giurarono eterno odio ai Savoia e ai loro discendenti. Un odio rischiarato appena nel tempo dal sorriso dolce e intelligente di Maria José che amava Firenze dove da bambina aveva studiato. Era diventata italiana per caso, però, una Savoia controvoglia. Ma gli altri?

   

«Consegnarono
il potere a un
descamisado e non
batterono ciglio
per lo sterminio
degli ebrei»

Quello che poi è successo non ha fatto che confermare come i fiorentini avessero «sentito» giusto. E cioè che i Savoia erano una famig1ia estranea alla Nazione italiana senza una sua cultura (Alfieri, De Amicis, la Torre Antonelliana?) padroni di una colonia verso la quale non mostrarono mai con i fatti neppure un ipocrita rispetto. I Savoia lasciarono che un descamisado {la camicia era nera) prendesse il potere, si fecero addirittura incoronare imperatori, non batterono ciglio quando una parte operosa e civile di cittadini innocenti fu condannata, a uno straziante sterminio. E alla fine, 1'8 settembre, abbandonarono Roma in un modo vergognoso per la coscienza del mondo ma perfettamente coerente con 1a loro. Perché così ci si comporta con una colonia che ormai non conviene più difendere.

L'Italia decise saggiamente di non volerli più, mai più fra i piedi. E ora invece si prepara a farli tornare. Con quale scopo? Per foraggiare curiosità, pettegolezzi, gaffes? Abbiamo tanti altri problemi, ci mancano soltanto questi. Ripensiamoci, per favore, finché siamo in tempo. Servono ancora tre voti del Parlamento. Polo e Ulivo possono ancora ravvedersi.

E non si parla soltanto del loro rientro ma perfino del rientro delle reali salme da ospitare nel Pantheon accanto a quelle che già ci sono! Uno dei più perfetti documenti dell'umanità, dove Raffaello è sepolto dietro una semplice e umile lastra di marmo. Nossignori! Se la vergogna del ritorno dovesse farsi realtà sarà nostro dovere liberare almeno quel monumento che è testimonianza perfetta della nostra Cultura, come la cupola del Brunelleschi o la Cappella Sistina. Perdoniamo dunque i loro peccati ma mandiamoli tutti a riposare, là da dove sono venuti, nella squisita abbazia di Hautecombe dove, del resto, riposano già in pace i due soli Savoia di cui abbiamo una grata memoria: Umberto e Maria José. In ogni modo, nel caso deprecato in cui gli eredi dei Savoia viventi dovessero tornare, siccome pare che abbiano intenzione di fare una sorta di viaggio trionfale attraverso l'Italia, che almeno ci risparmino di passare da Firenze.

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