Irlanda: prima della classe
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Duemila Italia 20 luglio 2002

Irlanda, ora è diventato un cigno il brutto anatroccolo: ecco come

Da cenerentola d'Europa a prima della classe grazie ad una ferrea cura a base di liberismo

Attuare una politica liberale non è facile, lo è ancora di meno in un paese che ha una fortissima tradizione statalista come il nostro. Ispirarsi ad altri è difficile perché sono pochi gli stati europei che fanno del libero mercato la propria filosofia. In Germania e Francia i socialisti hanno lasciato un'impronta indelebile.

Ci sarebbe l'Inghilterra, ma la sua storia è troppo diversa da quella italiana per trarne dei buoni spunti. Eppure un buon esempi cui ispirarsi c'è e la sua storia economica è molto simile a quella dell'Italia, è la piccola e giovane Irlanda. Un articolo molto interessante comparso sul Tempo a firma di Alberto Mingardi, ha illustrato il miracolo economico realizzato da questo piccolo stato. Nella cattolicissima Irlanda fina dal raggiungimento dell'indipendenza, c'è stata sempre un'economia fortemente statalista. Di liberismo neppure a parlarne, e i risultati stavano lì a dimostrarlo. L'Irlanda occupava stabilmente gli ultimi posti delle classifiche europee. Tutti gli indici economici erano da brivido: un debito pubbli9co smisurato pari al 125% del PIL, pressione fiscale gigantesca, ipertrofismo burocratico e un mercato del lavoro assolutamente rigido a causa della forza dei sindacati. Le cose cambiano con l'arrivo al potere del premier John Bruton. Dal 1994 al 1997 Bruton intraprende un'opera di smantellamento della farraginosa economia di stato e, infischiandosene dell'ostilità popolare, trasforma il paese in un cavallo di razza. La spesa pubblica e la pressione fiscale vengono più che dimezzate, per non parlare dell'esercito burocratico ridotto dell'8%. I risultati non si sono fatti attendere. Il tasso di crescita si assestò su una media del 4% all'anno per raggiungere il picco del 10% nel 1995. Inutile dire che della svolta si è avvantaggiato in primo luogo il mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione crollato dal 18% al 3,9% e con 200.000 nuovi posti di lavoro creati.

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