I baschi: via dalla Spagna
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La Stampa Venerdì 25 luglio 2003

DOPO GLI ATTENTATI L'OFFENSIVA POLITICA. IL GOVERNO AUTONOMO CHIEDE ASSOLUTA INDIPENDENZA

La proposta-bomba dei baschi: via dalla Spagna

MADRID

Dopo gli attentati anti-turistici dei terroristi dell'Eta a Benidorm ed Alicante dell'altro giorno, anche il governo indipendentista basco ha cominciato la sua «campagna estiva». E i suoi obiettivi non sono meno dirompenti delle valigie-bomba degli «etarra» contro gli hotel: la creazione della Regione libera associata di Euskadi, una proposta eversiva che attenta all'unità della Spagna sancita nella Costituzione del '78 e approvata dal 53% dei baschi nel referendum di 25 anni fa.

Governo popolare e opposizione socialista sparano a zero contro il diktat dell'Esecutivo di Vitoria. Ma la situazione precipita sempre di più. Il documento elaborato dal governo tripartito regionale (nazionalisti cattolici del pnv, centristi di ea e comunisti di eb, in tutto 36 seggi sui 75 totali) che presiede dal '99 l'economista Juan José Ibarretxe, 46 anni, era già stato annunciato nel settembre scorso. Ma la grave crisi istituzionale che oppone da giugno il governo centrale del premier popolare José Marìa Aznar e quello di Vitoria, che rifiuta di sciogliere «Sozialistas Aberzaleak», l'ultima incarnazione dell'illegale partito politico dell'Eta Batasuna (il 10% dei voti nelle regionali del 2001 e 7 seggi nel parlamentino) aveva consigliato ai separatisti non violenti di lasciarlo nel cassetto.

Ma qualcuno l'ha passato ai giornali del gruppo basco «El Correo». E la carica è esplosa violentissima, anche perché i Paesi Baschi spagnoli godono già della più ampia autonomia in Europa grazie allo statuto speciale di Guernica del '79 che permette loro di usare come co-ufficiale la lingua euskara e gestire sanità, istruzione, forze dell'ordine e parte delle imposte. Il piano di Ibarretxe, dirigente di spicco del pnv (il partito da cui nacque l'Eta nel 58) è articolato in 69 articoli. E parte da un preambolo che è da sempre il cavallo di battaglia dei terroristi: «Il popolo basco è depositario di un patrimonio storico e culturale che appartiene ai cittadini delle tre province basche, delle tre francesi e alla Navarra e ha il diritto di decidere il suo futuro».

Nei vari articoli di un progetto che «El Mundo» ha definito delirante, la Regione libera associata di Euskadi, oltre a sospendere lo statuto speciale, si arroga tutti i poteri, dal legislativo alla rappresentanza all'estero (Consiglio Europeo compreso), tranne quelli della Difesa. Per negoziare il diktat, è concesso un tempo massimo di 6 mesi. Se non si raggiunge un accordo con Madrid, il governo di Vitoria convocherà un referendum. Che, però, sarebbe pure questo illegale in quanto, per poterlo convocare, è imprescindibile l'ok dell'Esecutivo centrale e del parlamento.

«Il progetto indipendentista di Ibarretxe ha zero possibilità di prosperare ed è una sciocchezza. In Spagna le regole si rispettano», ha commentato indignato Aznar (il cui nonno era basco, come il suo cognome dimostra). Anche il segretario regionale socialista Patxi López ha stigmatizzato: «Ibarretxe tradisce lo statuto speciale e vuole spaccare la Spagna». Il partito dell'Eta, dal canto suo, critica timidamente il piano perché non prospetta subito la riunificazione dell'intera «Patria Basca».

Popolari e socialisti, insieme 32 seggi a Vitoria, non possono far nulla per stoppare Ibarretxe, che governa in minoranza grazie all'astensione degli «etarras» in doppio petto. Se, come è più che probabile, verrà convocato un referendum, l'unica via d'uscita possibile è applicare l'articolo 155 della Magna Carta e sospendere l'Esecutivo separatista. Col rischio (reale) di trasformare Euskadi in un altro Kosovo.

Gian Antonio Orighi   

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