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Diario Genovese di Nicolò Corsi

I brani che seguono, riportati nella grafia originale, sono stati scritti da Nicolò Corsi, che visse i fatti da lui narrati come testimonio oculare. Gli stralci sotto riportati sono tratti dal libro

ASSOCIAZIONE ITALIANA BIBLIOTECHE
SEZIONE LIGURIA

Marina Milan

DIARIO GENOVESE
Il manoscritto di Nicolò Corsi
(1796-1809)

GENOVA
2002

Nicolò Corsi è nato verso il 1727 e morto nel 1810. Dal Registro dei matrimoni della Parrocchia della Maddalena risulta che il 18 febbraio 1787 Caterina Corsi di Nicolò (figlia appunto di Nicolò Corsi, ndr) sposò Emanuele Triveos, della parrocchia di San Salvatore, mentre il Libro dei defunti ci dice che Nicolò Corsi morì ad ottantatré anni circa il 25 maggio 1810, precisando "sepultus est in cementaria". Nel 1802 è registrato come vedovo, con una figlia di nome Maria, ispettore commissario. La moglie Maddalena Cecchi morì all'età di settantasette anni, il 17 novembre 1800 e, come appare dalle fedi di matrimonio conservate presso l'Archivio di Stato di Genova, aveva sposato il Corsi il 21 ottobre 1754. I vari Status animarum registrano lo stesso Corsi come residente nella "Casa Pallavicina", al n. 176 di vico Gattagà; nel 1797 e nel 1799 si precisa che la casa era di proprietà di Stefano Pallavicino.

23 settembre 1798 - p. 100
(...) gl'increduli non credono a certi segnali, ossia al caso, ma pure abbiamo molti nella Sacra Scrittura, e noi medesimi l'abbiamo visto, e tocato con mano del 1746 (si riferisce all'episodio del Balilla, ndr) quando la Santissima Vergine fece gonfiare il fiume Polcevera, il quale era sciutto, senza acque, e v'era accampate le truppe Austriache, che venivano per prendere la Città di Genova, ma non conosciuto dai Tedeschi il prodigio, che operava la Santissima Vergine, che voleva liberare il Popolo Genovese, questi l'attribuirono ad incantesimi, ma quantunque, siano entrati in città come amici, ciò non ostante spogliavano la detta Città di sua Artiglieria, la Santissima Vergine hà inspirato nella mente del suo Popolo a lei divoto, e le diede forza di liberarsi da un nemico così potente, poiché il giorno dieci di decembre restò libero, giorno nel quale la Chiesa solennizzava la festa della Traslazione della Santa Casa di Loreto. Abbiam veduto altresì, che portando le Sacre Ceneri di San Gio Batta sopra del Molo Vecchio, in occasione di qualche tempesta di mare, subito si tranquillava.

25 aprile 1799 - p. 124
(...) poiché la Costituzione permette la tolleranza del culto occolto, e la tolleranza d'ogni Religione, così la Libertà fa si che succedono molte cose, che non essendovi questa Libertà non succederebbero, e non sono successe, almeno così frequenti; tanti ladrocini, omicidi, coltellate.

25 aprile 1799 - p. 125

~ Pasquinata ~ (una barzelletta dell'epoca, ndr)

Morto un Patriotta Ligure, si presenta alla Porte del Paradiso, picchia, S. Pietro apre, le dimanda chi è, quello risponde un Patriotta Genovese; S. Pietro dice qui non potete entrare, poiché non si fanno più santi.
Va picchia alle porte del Purgatorio, le viene aperto da una di quelle anime, interrogandolo chi egli sia, esso risponde d'esser un Patriotta Ligure; si sente rispondere non esservi luogo per lui, poiché sono mancati i suffragi per causa di tante Chiese chiuse; pertanto quelli pochi suffragi che ancor vi sono, non sono bastanti per noi.
Sicché per disperazione si porta alle porte dell'Inferno, batte, s'affaccia Belzebù, dimandandoli chi egli sia, la risponde esser un Patriotta Ligure, questi le dice se tiene il passaporto de Francesi, rispondendoli di no; dunque andate, e fattevi fare il passaporto, che costì non v'entra altro che Francesi.

22 agosto 1799 - p. 151
Questi Patriotti (i giacobini genovesi, ndr) sono tutte persone, che altra occasione non cercano, se non che di tumultuare, per poter poi saltare ne Palazzi degli ex Nobili, e nelle case dei facoltosi per bottinare.

18 novembre 1799 - p. 161-162
La Costituzione ha dato luogo al Governo nuovo, di fare della Cassa di S. Giorgio una sola Cassa, intitolata Cassa Nazionale, quando questa è stata un'ingiustizia e prepotenza maliziosa de Legislatori, che l'hanno posta nella cittata Costituzione, il perché lo sapranno loro. Io dico, che non si poteva fare per due motivi, il primo perché era una Cassa da Deposito per Cittadini, e forastieri, che vi depositavano il loro denaro, per cavarne quei frutti, quantunque pochi, almeno sicuri, poiché dalla sua instituzione, che fu del 1300 circa, non mai hà mancato per qualunque guerra esterna, come interna di pagare i locatarii, e nella guerra del 1746 che ebbe da pagare più di 2 millioni di scuti da Lire 9 e 250 milla fiorini per rinfresco delle Trupe Austriache; ciò non ostante pagavano col Biglietto di Cartulario, che fatta la pace, fu alzato il Monte Conservazione, che d'ogni facevano un'estrazione di grossa partita, che alla fine estinsero quelli biglietti, perché non perdesse il credito detta Casa di S. Giorgio. Secondo questa Casa era una piccola Repubblica da se, poiché prima era Patrona di una gran parte dell'isola della Corsica, che poi la diede tutta alla Repubblica, la quale per detta cessione le assegnò diverse gabelle. Si comandava da sé, sia nel Civile, come nel Criminale, il suo Governo era Democratico, e Aristocratico, poiché chiunque aveva quel numero de Luoghi in detta Casa di S. Giorgio, potevano concorrere anch'essi al gran Consiglio, anzi a tutti quelli, che restavano delli Ottanta, guadagnavano mezza mina di sale. Altro non v'era d'Aristocratico, se non che, di quelli, che non erano Cavaglieri (nobili, ndr), mai restava eletto per Protettore, e questo succedeva dal poco numero de Locatarj. Ecco o benigno Lettore il modo del Governo di S. Giorgio, e se sia stato giusto di questa Cassa, farne una Cassa Commune, e levato il gius civile e criminale alli detti Protettori, che al presente, non più Protettori si chiamano, ma Direttori della Banca di S. Giorgio, e a questa Banca, vi può ascendere qualunque Cittadino, come all'altri Comitati del Governo Ligure; (...)

1 gennaio 1800 - p. 165-166
Principia l'anno 1800, e principia con giornata rigidissima di freddo, e le strade piene di ghiaccio dalle canali di piombo, che sono sotto terra, le quali secondo il mio sentimento schioppono per cagione di tanti carri, che girano per la Città, qualcosa non succedeva così di frequente nel Governo estinto, poiché le strade erano con pillastretti, ed in certi luoghi con cattene, che non vi poteano passare né carri né carrozze, ora essendo stati atterrati questi ripari, per tutte le strade ponno passare, e sono di pregiudizio a Particolari, perché spessissimo obbligati a farvi riattare le loro canali.

28 aprile 1800 - p. 184-185
(...) noi Genovesi (...) per aver in casa i Francesi, da tre anni a questa parte, chiamati dal vecchi Governo, per metter freno a quelli che amavano d'avere la Libertà, e questi secretamente erano stipendiati dalli Francesi, che attualmente, vengono chiamati Patriotti, de quali si teme la loro maniera di operare, e pertanto il Governo presente per giusti motivi conviene di mantenere da quattro in cinque milla Francesi nel Centro, che per causa di questi soffriamo un blocco così ristretto, che non si sa di che vivere, (...)

15 maggio 1800 - p. 191
(...) altra pubblicazione del Comitato Edili, nella quale proibisce alle rivenditrici, che vendono basane (fave, ndr), il non vendere quelle gusce, (che altre volte pregavano i romentari - spazzini, ndr - portargliele via) ora per la gran quantità de poveri, e altre persone, che non hanno sussistenze per mantenersi, chiedendo dette gusce, vogliono vendere, e le vendevano soldi 1.4 la libra; queste v'è chi le bolle, e mangia per insalata, altri che puonno le servono per frittura, ed altri alla meglio che puonno; ecco a che segno è ridotta questa Città, una volta abbondante d'ogni qualità de viveri.

27 maggio 1800 - p. 196-197
Oggi diverse stampe girano per la Città, ma di queste nulla registro del loro contenuto, non essendo il caso di più comprarne, avendole conosciute per imposture (particolarmente quelle di Massena), e di quelle che si chiamano leggi del Governo, poco o nulla si deve mettere in credito, perché il presente Governo Consolare, bisogna che vadi d'accordo col detto Generale, avendo esso le redini del Governo. Questo si prova di fatto, che se un Governo dei più tiranni, avesse un Popolo morto dalla fame, come la maggior parte è quello di Genova, più tosto di vederlo perire, si darebbe a qualunque Potenza con perdita o di Regno, e di Principato, purché vivesse il Popolo; ma questo Massena nulla le cale, che detto Popolo perisca, avendo esso fatte le requisizioni, di granaglie, vini, carni, e formaggi, de quali generi si è provisto il Forte Sperone, dove esso pernotta quasi sempre, e quelli giorni, che pranza al suo albergo, dimostra di partecipare della penuria, che soffre il Popolo; ma cosa dirò di più? Li suoi soldati cascano a pezzi dalla fame, e vanno racattando, foglie di cipolle, di rapanelli per le contrade, e molti ne muojono.

9 agosto 1800 - p. 221
(...) sicché come sopra dicevo seguono molte cose, che non si sà da chi sian fatte. Furti immensi, e non si prendono i ladri, se questo è un Governo Democratico lo lascio giudicare alli medesimi, che sono stati bramosi della Libertà e dell'Eguaglianza; la Libertà li facinorosi se ne servono quando vogliono, e in tutto che a loro piace, l'Eguaglianza poi intendono, che consista in avere sostanza eguali, e questi sfacendati che non le hanno, procurano di farsele con furti e rapine.

12 agosto 1800 - p. 223
Al presente abbiamo delle frutta, che smorsano alquanto gli altri generi di robba, sebbene anche queste si sostengono assai care; ma io dò la colpa alla Libertà, poiché vi sono più fruttarole che compratori, e però li villani vedendosi circondati da queste la vendono più cara, che in vece, quando non poteva vendere altro che le fruttarole marticolate, gli villani andavano essi dalle stesse, pregandole a comprare le loro frutta. Così succede delli altri bottegari, come sono fidelari (pastaio, ndr), farinotti, speziali da minuto, rebojoli (venditori al minuto di generi commestibili, ndr), in fine nessuno poteva vendere più d'un genere di robba, se non era marticolato in più d'un'Arte, e queste Arti facevano i loro Consoli, che vigilavano in questo. Per fare certe Arti, era necessario d'aver fatta la carta di sette anni sotto d'un Maestro, e di più poi per passare Maestro, la Loggia le dava le sue prove; bisognava che spendessero almeno L. 50 de quali denari, parte ne toccava alle figlie de Maestri al loro maritare, ora queste dispenze sono andate a terra, ecco un altro pregiudizio, che ha apportato questa gran Libertà, bramata solamente dalli sfaccendati e da chi, non è amante della pace, né dell'unione, ma bensì brama delle dissenzioni, e delle discordie, come succedono al presente, essendovi disunione fra gli Patriotti, e li paesani di diverse ville, che vengono appellati briganti, questi sostengono più l'Aristocrazie, che la Democrazia, e non sò quale di questi due Governi sia il migliore, questo altro non dipende, se non dal genio, in quanto a me purché vi fusse la pace, l'unione, e la tranquillità, l'ubbidire le leggi d'uno, o dell'altro nulla mi gioverebbe, essendo nato per ubbidire, e non comandare.

8 ottobre 1800 - p. 234
È uscito un ordine del Generale di Brigada Bernaud, il quale ordina, per il buon ordine, che non si possa fare attruppamenti, né portare bastoni di smisurata grossezza, e né dare feste di ballo, senza la previa licenza del Comandante la Piazza, sotto le pene descritte in detto ordine. Quest'ordine d'attruppamenti, è proibito dalla Costituzione, stato proibito prima d'ora con altro ordine, così quello dei bastoni; ma siccome tutte queste cose le fanno i Patriotti, e forsi nei Comitati vi son di quelli, come può adempirsi le leggi? Domenica e lunedi 28 e 29 Settembre, detti Patriotti dopo d'aver fatto due pranzi magnifichi, con festa di ballo, sono andati con la banda per la Città, Bisagno, Acquasola, Cappuccini, con una gran comitiva di persone, e se questo non si chiama attruppamento, quale sarà?

1 gennaio 1801 - p. 246
Principia il secolo decimonono, e principia l'anno 1801 anni 3 mesi 7 e giorni 9 della Rivoluzione contro il Governo Aristocratico, e anni 3 mesi 6 e giorni 16 della rinoncia del medesimo Governo nelle mani del Governo Provvisorio con tutto quello che è passato, come si legge in questi miei quinterni, principiando dal 1797 li 22 Maggio a questa parte. Credo, che quelli capi della Rivoluzione, se fussero più a farla non la farebbero, avendo provato in prattica cosa è la Democrazia, tanto desiderata, poiché questa non viene eseguita con le regole che richiede la stessa, e mai sarà eseguita, poiché ove vi sono tanti che comandano, le cose non puonno andar a dovere, criticandosi l'un con l'altro le operazioni, che fanno. Io non voglio esaminare le leggi della Costituzione, le quali lascio la decisione al Lettore erudito, solo dirò, che non sono mai seguiti tanti furti, tanti omicidij, e tanti condotti alla Cava innocenti (alla Cava nel 1800 vi fu creato un cimitero e nello stesso punto venivano fucilati i condannati a morte, ndr).

16 luglio 1804 - p. 299
Oggi 16 del mese di Luglio 1804 corre la festa di nostra Signora del Carmine; giorno vottato dal Governo Aristocratico d'intervenire in detto giorno alla vista di detta Chiesa ogni anno, come altrove scrissi; ma essendosi introdotto il Governo Democratico, è parso, che non fusse più in obbligo d'adempire i voti, che avea fatto, come se in questo Governo si fusse perso il nome di Genovese. Pensino chi governa, chi ha governato, e governerà per l'avvenire, che il nome di Genova e di genovese rimarà alla Città, ed al Popolo; sicché qualonque Governo possa sostituirsi, sarà sempre obbligo di adempire qualonque voto, perché Iddio per mezzo di Nostra Signora, e de Santi avvocati della Città e Popolo gli è gli concessi, e non ad altri.

25 agosto 1804 - p. 305
(...) poiché tanti oziosi che spendono la giornata nei botteghini, nell'osterie, nelle logge, e ne teatri, senza alcun impiego, e vivono lautamente, e con bellissimi abiti, a questi era necessaria qualche insegna per cognoscerli sfacendati, che forsi tanti furti seguiti in questa Democrazia non sarebbero seguiti.

25 aprile 1805 - p. 339-340
(...) considerando in me stesso, che per una Repubblica piccola, libera, che non era in caso di dichiarare la guerra ad alcuna Potenza, non hà mai pensato di fare un arsenale (quantonque in piccolo) come quello di Tolone, e si è sempre per diversi secoli contentata d'avere un arsenale per potervi fabbricare quelle Galere necessarie per tener netto le sue Riviere da Corsari Barbareschi; l'altra poi era quella di non far spese per non aggravare i suoi Popoli di nuove imposizioni, contentandosi unicamente del reddito delle spese annuali, le quali non ascendevano a sei millioni, come scrisse del 1682 Monsignor di Sant'Olon a Ludovico Decimoquarto Re di Francia, allora Console per il suddetto Re presso la Repubblica, e pure con si poco introito hà sostenuto per tanti anno la guerra con gli ribelli Corsi (che fusse giusta ò ingiusta a me non spetta parlarne) voleva che i suoi Cavaglieri e Dame fossero economi, avendo fatta legge, che in Città andassero vestiti, e vestite di nero, e che non potessero portare gioie altro che puro diamante in dito; nella villeggiatura potevano portare qualonque abito di colore, nemeno a banchetti di sposalizii, quando non si facevano fuori di Città, bisognava che andassero vestiti di nero; questa era la distinzione fra un ceto e l'altro.
Ora che sono aumentate le tasse in ogni genere, con reddito di circa sedici millioni, non sono sufficienti al mantenimento di quelle spese necesarie, che è stato bisogno d'impossessarsi de beni delle Religioni e venderli, come altrove segnai, che poi quando non vi sarà che vendere come si farà, lo sa solamente un Dio, ed il lusingarsi d'una pace (che Dio volesse) per sanare i mali de Cittadini, sarebbe necessario, che il cielo piovesse oro, altrimenti sono di sentimento, che i figli non vedranno quello, che hanno veduto di questa Città i suoi avi, era florida, ricco i Particolari, ricche le Chiese d'argenteria fatta a spese de pii benefattori, ora sono spogliate quelle che sussistono, avendole lasciato tanti vasi sacri per li sacrifizi, come in altri stà scritto.

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