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Corvetto

Franco Bampi

Che l'inse? Dicembre 2006 - numero 36
Bollettino informativo della Associazione Repubblica di Genova

Dicono che piazza Corvetto sia non solo la più bella piazza di Genova ma una delle più belle piazze d’Italia. Tuttavia la piazza presenta due note stonate. La prima, di gran lunga la più importante, è la presenza del monumento di Vittorio Emanuele II, di quel personaggio che dopo aver fatto brutalmente massacrare e saccheggiare Genova dal generale dei bersaglieri Alfonso La Marmora ha definito i genovesi "vile e infetta razza di canaglie". Ignobile e inqualificabile.

La seconda stonatura, di minore ma non di secondaria importanza, risiede nel nome della piazza, ovvero nel personaggio storico cui la piazza è intitolata: il conte Luigi Emanuele Corvetto, un personaggio forse troppo poco indagato dagli storici e per questo con alcune ombre sul suo comportamento nei confronti della Liguria. Vediamo di dire qualcosa di più.

Luigi Emanuele Corvetto, nato a Genova l’11 luglio del 1756, ebbe delicati incarichi dalla Repubblica Democratica Ligure di stampo giacobino. Tra di essi quello che desta più perplessità è la sua elezione a Magistrato del Banco di San Giorgio proprio nel periodo in cui Napoleone saccheggiò il tesoro del Banco. Possibile che Corvetto non si accorse di niente? E se se ne accorse cosa fece? E cosa avrebbe potuto fare? Domande lasciate dagli storici senza risposta. È tuttavia un fatto che Corvetto fu nominato proprio da Napoleone "Conte dell’Impero" e che nel 1816, caduto Napoleone, fu nominato ministro delle Finanze nel regno di Francia di Luigi XVIII. Per concludere questo brevissimo profilo segnalo che, rifiutato il titolo di "Pari di Francia" propostogli dal Re, tornò a Genova dove si spense, dopo breve malattia, il 23 maggio del 1821.

Come spesso accadeva per i personaggi illustri dell’Ottocento, Corvetto ebbe un elogio storico compilato dal suo amico ed estimatore senatore Cottardo Solari nel 1824. Curiosamente ebbe anche una sorta di controelogio scritto nel 1870 dal grande Massimiliano Spinola, autore di un celebre libro, stampato nel 1863, sulla restaurazione della Repubblica di Genova nel 1814. Il perché di tale controelogio ce lo rivela lo stesso Spinola: "... sono lieto di poter affermare che il Conte Luigi Corvetto avrebbe avuto diritto di essere ben maggiormente considerato; soltanto dichiaro di non poter consentire alle soverchie lodi, che vorrebbero tributargli i suoi ammiratori ed apologisti ... (avendo io) l’intimo convincimento che durante le cariche da lui sostenute in Genova e in Francia abbia commesso varii errori". E di errori lo Spinola ne rileva molti sia negli incarichi genovesi sia durante il ministero in Francia. Tralasciando l’attività francese, riferisco dapprima il severissimo giudizio dello Spinola circa le motivazioni che spingevano Corvetto ad agire. Egli nota come nella Repubblica Democratica le persone agissero per due motivi: "coloro che sinceramente bramavano la prosperità della patria ... e quelli che desideravano un qualunque cambiamento di Governo, per soddisfare la loro cupidigia di denaro e di dominio. L’avvocato Corvetto, quantunque per le opinioni vive s’accostasse a quelle pubblicamente professate dai secondi, apparteneva sicuramente ai primi".

In relazione all’annessione della Liguria all’impero francese del 1805, lo Spinola cita in nota il giudizio che Clavarino dà nei suoi Annali della Repubblica di Genova dal 1797 al 1805: "la condotta seguita dal Corvetto per aggregare Genova alla Francia non merita altro che biasimo".

Lo Spinola poi osserva che il Corvetto "ricusò il Ministero delle Finanze offertogli dal Re di Sardegna" e commenta che da questa offerta "si può dedurre quanto dovessero essere retrive le opinioni pubblicamente professate" dal Corvetto se fu anteposto ad altri uomini di sicura fede.

Concludo con due osservazioni che lo Spinola fa sul comportamento personale del Corvetto. Afferma lo Spinola che il Corvetto "poté compiacersi di lasciare alle sue figlie un povero retaggio" per commentare in nota che "ciò prova che sui predetti grassi stipendii avea fatto poche o nessuna economia". L’altra riguarda i molteplici incarichi che il Corvetto ricoprì per i quali "egli credette di non menomare la sua reputazione, accettando importanti cariche dai vari Governi che allora si succedettero fondati su opposti principi: la Repubblica di Genova, l’Impero di Napoleone, la Monarchia dei Borboni [in Francia, ndr]; ed io qui ripeto che sono ben lungi dal supporre come unici suoi moventi l’interesse e l’ambizione", riservando anche qui a una nota il suo implacabile giudizio secondo cui "niuno il quale copra rilevanti uffici in un dato sistema, possa poi, senza avvilire se stesso e rinunciare alla propria dignità personale, ed essere dagli altri meritatamente disprezzato, consentire ad esercitarli del pari quando questo sistema si muti, o venga sostituito da altro fondato sopra basi del tutto opposte."

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