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Il Secolo XIX Sabato 6 maggio 2006

I Savoia e la memoria delle cose che non si cancellano

È troppo presto per vedere i Savoia circolare festosamente in Italia; si aspetti almeno che la natura estingua la mia generazione, quella che tanto ha patito e perduto in quel triste momento storico. Oggi sono ancora troppo vivi nella memoria i ricordi delle sofferenze subite. Io, come tanti altri, per tre volte ho visto la mia famiglia perdere tutto; per tre volte abbiamo visto la nostra casa distrutta, ridotta a cumuli di macerie; per tre volte abbiamo dovuto ricominciare con durezza, con il coraggio della disperazione. Ricordo ancora l’affannoso cercare fra le macerie per salvare qualche cosa che ci consentisse di continuare a vivere; ricordo quel fortunoso carrettino trainato a braccia da mio Padre, con le poche cose ricuperate da trasferire in un altro alloggio, che di lì a poco sarebbe stato anch’esso drammaticamente distrutto. Forse, perché ben celate a noi figli, allora non mi ero neppure accorto di qualche lacrima di coraggiosa rabbia di mio Padre o di sgomento di mia Madre.

Ma a quelle lacrime ho cominciato a pensarci dopo, quando ho anche capito che in quegli eventi sconsiderati e non voluti, erano andate irrimediabilmente perdute tante giovinezze, e la mia stessa fanciullezza, che nessuno potrà mai più restituire. E ricordo anche quella ignobile fuga di chi ci aveva trascinato in tanto tragica avventura, un piccolo pavido uomo, misero come ognuno di noi, non certo un monarca. Le colpe dei padri non ricadono sui figli, se i figli si rendono responsabilmente consapevoli degli eventi, spogliandosi di ogni cosa per sanare almeno moralmente qualche ferita, e non godendo invece con arroganza di agiatezze immeritate. Negli anni che mi restano ancora da vivere spero di non incontrare mai un Savoia, ma se ne avessi la sgradevole ventura, i ricordi di quelle lacrime di mio Padre mi darebbero tanta forza da fissare costui negli occhi tanto intensamente da farlo arrossire. Ne sono certo.

Vittorio Crovo
Genova

* * * * *

I Savoia sono giunti in visita a Genova. Il cardinale ha concesso loro un’udienza: passi. Ma perché il sindaco di Genova ha deciso di riceverli? Genova è sempre stata una Repubblica. Genova ha dato all’Italia ferventi repubblicani (Mazzini docet). Per inciso e a chiarificazione, Giuseppe Garibaldi, che a Teano ha consegnato l’Italia ai Savoia, era nato a Nizza ed era suddito savoiardo, non cittadino genovese. Tra l’altro, Genova ha dato alla Repubblica italiana anche l’inno nazionale, sulle parole di un martire della Repubblica romana. La Repubblica di Genova è stata annessa allo Stato savoiardo, il regno di Sardegna, dal Congresso di Vienna nel 1815, in quanto colpevole, come Repubblica ligure, di avere aderito ai principi di libertà, uguaglianza e fraternità proclamanti dalla rivoluzione francese, unico tra gli Stati pre rivoluzione a non essere stato ripristinato nel proprio status quo ante. Cosa c’entriamo noi genovesi e repubblicani con i Savoia, il Piemonte, il Regno di Sardegna? Cosa c’entrano i martiri della Benedicta e Aldo Gastaldi (Bisagno) con la fuga a Brindisi? O forse il sindaco attuale li riceve perché è sardo? Sono indignato.

Francesco Oneto
Genova


Secondo me, il sindaco di Genova li ha ricevuti perché oggidì è in gran voga ricevere tutti, purché abbiano una qualche visibilità che li accrediti; se non agli occhi della storia, almeno a quelli dei redattori dei media. Secondo me, il cardinale lo ha fatto per lo stesso motivo, con qualche ragione in più di ordine pratico, nel caso ci sia ancora qualcuno dei beni ecclesiastici confiscati con firma regia dal Camillo Benso, primo ministro, su cui trattare con gli eredi perché ne trattino con i beneficiati repubblicani. Supposizione fantascientifica. Secondo me, sono stati e saranno ricevuti per questo e per una sorta di ossessione per la par condicio, per la riconciliazione, per la cura dell’oblio. Io non ho fretta di dimenticare né di riconciliare ciò che non è riconciliabile ed è bene ricordare non solo finché durano in vita i testimoni, ma per imperitura memoria, come si scrive sui monumenti. Pace sì, ma nella giustizia, per dirla con il defunto pontefice.

E, comunque, per quanto mi riguarda, i Savoia esistono solo perché qualcuno li riceve. Mi hanno raccontato un episodio in fatto di ricevimenti - che non so stabilire quanto veritiero - che li riguarda. Non lo riferirò per delicatezza, ma la sostanza è questa: può capitare che un vecchio, o una vecchia, nobildonna genovese sappiano essere più fermi e meno curanti delle apparenze e delle opportunità di immagine di quanto non dimostrino di esserlo i prescelti a custodi della nostra Repubblica. Questione di stile, naturalmente, solo di stile. Ma lo stile è pur qualcosa, soprattutto quando è così raro.

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