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1631 / 1635 - Le mire di Vittorio Amedeo

La morte di Carlo Emanuele (primo, ndr) non liberava da ogni pericolo e dalle insidie la Repubblica, perché il suo successore Vittorio Amedeo (primo, ndr), quantunque avesse ereditato e dovuto accettare una successione che si può dire politicamente fallimentare, mirò a compensarsi almeno col possesso di Genova.

Le clausole del trattato di Cherasco (1631) relative alle imprese comuni franco-sabaude in Italia e richiedenti la conquista e la spartizione del territorio ligure tra le due potenze, e quelle segrete, ma presto risapute, del trattato di Rivoli (1635), con cui Vittorio Amedeo chiedeva, prima ancora del Milanese, la Liguria col titolo regio, erano tali da destare le maggiori apprensioni nella Repubblica e da costringerla ad essere molto prudente nel distaccarsi dalla Spagna.

In attesa di attuare i propositi di conquista, il duca di Savoia tentava il solito mezzo delle congiure e dei colpi di mano dall'esterno, cercando di valersi anche del fratello del Vachero, mandato a morte nel 1633, e persino di attirarsi con lusinghiere promesse il nipote di Gian Andrea, dal medesimo nome.

Finalmente, mediatrice la Spagna, nel 1633 fu conchiusa a Madrid la pace sempre rimandata dopo il 1628, sulla base della reciproca restituzione dei prigionieri e delle terre occupate, e con rinuncia sabauda del marchesato di Zuccarello verso compenso di 160 mila scudi d'oro.

tratto da Vito Vitale, Breviario della Storia di Genova,
Genova, 1955

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