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L'opinione di chi il Blocco lo ha subito:
Nicolò Corsi

Li 15 Maggio (1800, ndr) giornata torbida (...) altra pubblicazione del Comitato Edili, nella quale proibisce alle rivenditrici, che vendono basane (fave, ndr), il non vendere quelle gusce, (che altre volte pregavano i romentari (spazzini, ndr) portargliele via) ora per la gran quantità de poveri, e altre persone, che non hanno sussistenze per mantenersi, chiedendo dette gusce, vogliono vendere, e le vendevano soldi 1.4 la libra; queste v'è chi le bolle, e mangia per insalata, altri che puonno le servono per frittura, ed altri alla meglio che puonno; ecco a che segno è ridotta questa Città, una volta abbondante d'ogni qualità de viveri.

(...)

Quella dei 27 (maggio 1800, ndr) comparisce bella, ma un'ora dopo mezzo ha fatto una borasca di tuoni ed acqua, che ha durato più d'un'ora, ma la pioggia durò lentamente ininterrotta sino alle cinque, poi fattosi sereno verso le sette. Oggi diverse stampe girano per la Città, ma di queste nulla registro del loro contenuto, non essendo il caso di più comprarne, avendole conosciute per imposture (particolarmente quelle di Massena), e di quelle che si chiamano leggi del Governo, poco o nulla si deve mettere in credito, perché il presente Governo Consolare, bisogna che vadi d'accordo col detto Generale (Massena, ndr), avendo esso le redini del Governo. Questo si prova di fatto, che se un Governo dei più tiranni, avesse un Popolo morto dalla fame, come la maggior parte è quello di Genova, più tosto di vederlo perire, si darebbe a qualunque Potenza con perdita o di Regno, e di Principato, purché vivesse il Popolo; ma questo Massena nulla le cale, che detto Popolo perisca, avendo esso fatte le requisizioni, di granaglie, vini, carni, e formaggi, de quali generi si è provisto il Forte del Sperone, dove esso pernotta quasi sempre, e quelli giorni, che pranza al suo albergo, dimostra di partecipare alla penuria, che soffre il Popolo, ma cosa dirò di più? Li suoi soldati cascano a pezzi dalla fame, e vanno racattando, foglie di cipolle, di rapanelli per le contrade, e molti ne muojono.

Tratto da Marina Milan, Diario genovese. Il manoscritto di Nicolò Corsi (1796-1809), Genova 2002

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