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Il Secolo XIX Lunedì 9 luglio 2001

Limonte oppure no la Liguria non ha futuro senza collegamenti

Lo confesso: ho sempre pensato che sarei morto prima di vedere la fine della mia amata terra di Liguria. Già, perché con una classe politica di infima qualità, con un’imprenditoria capace solo di mendicare gli aiuti di Stato senza la volontà di rischiare e di fare impresa per davvero, con una popolazione che quando va bene mugugna un po’ e poi accetta tutto (anche di non parlare più la lingua dei nostri padri) con un materiale umano così, ebbene qualcuno ha ancora il dubbio che la Liguria, prima o poi, non sparirà? Nessun dubbio, solo che non me l’aspettavo così presto. Perché, per fare un esempio, la Facoltà di Ingegneria di Genova deve essere “l’estensione del Politecnico di Torino e non un Politecnico a se stante? Stiamo perdendo la nostra lingua genovese, il Mar Ligure ormai è diventato Alto Tirreno, le nostre terre del Novese sono dette Basso Piemonte, invece che Alta Liguria come la storia vorrebbe. E invece di far qualcosa per riottenere dignità e responsabilità decisionali, i nostri strateghi politici da quattro soldi cosa fanno? Pensano al Limonte! È fuor di discussione che la Liguria abbia il diritto internazionale di poter ritornare a essere indipendente come lo è stata per oltre sette secoli. Invece di reclamare a gran voce questo diritto che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità, i nostri governanti imbelli si inventano un accordo umiliante con una regione, il Piemonte, che solo perché è più grossa conta di più. L’alternativa esiste ed è una sola: darci da fare tutti insieme per ritornare indipendenti e per poter di nuovo decidere da noi dei nostri destini. Allora sì, ne sono convinto, riemergerebbe una classe dirigente degna di quella che portò la Liguria alla gloria, allo splendore e al benessere.

FRANCO BAMPI
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La tentazione di vedere nei fasti del passato la soluzione alle difficoltà presenti produce curiose distorsioni ottiche. La Liguria ha un movimento indipendentista che quando si presenta alle elezioni raccoglie solo un pugno di voti, ciò che lo relega all’irrilevanza politica. Il persistere di questo sentimento vuol dire solo che il velleitarismo non conosce limiti. Che cosa sarebbe oggi una Liguria indipendente? Ha una popolazione attorno al milione e mezzo di abitanti, un’età media che è la più alta d’Europa, il 52 per cento dei residenti pensionati, un porto che sta perdendo un’occasione storica ed è già superato da Barcellona, un’industria che non si è mai ripresa dallo choc degli anni ’80. Non mi paiono, francamente, i presupposti per un ritorno «alla gloria, allo splendore e al benessere». Per quanto possa suonare deludente, temo che la soluzione per i problemi della Regione passi attraverso una più forte integrazione con l’oltre Appennino. Perché sia possibile, servono i collegamenti. Non solo il Terzo Valico, ma la bretella di raccordo con l’alta velocità franco spagnola oltre ai nodi ferroviario e autostradale. Non so se si debba arrivare al Limonte, ma la sostanza non cambia.

[LANFRANCO VACCARI - Direttore]

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