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Il Secolo XIX Domenica 20 aprile 2008

IL LIBRO

Licche lacche
i modi di dire dei genovesi

Esce domani il nuovo
titolo firmato da Franco
Bampi per la collana
“Libelluli”dedicata
al dialetto genovese

ANCHE chi è zoêno comme l’ægoa (giovane come l’acqua) prima o poi diventa vegio comme o cucco (vecchio come il cucco). Qualcuno è bon comme o pan (buono come il pane) e qualcun altro è grammo comme l’aggio (cattivo come l’aglio). C’è chi è ignorante comme ‘na scarpa (ignorante come una scarpa) e chi è san comme ’n pescio (sano come un pesce), chi è fòrte comme ‘n töo (forte come un toro) e pure chi è brutto comme ‘n resato (brutto come uno spavento). È divertente e ricco di esempi il nuovo titolo della collana dei “Libelluli” dedicata al dialetto genovese e voluta da Gualtiero Schiaffino, recentemente scomparso: l’ultimo volumetto di cui si era occupato personalmente ma non l’ultimo della serie, che infatti proseguirà sotto la guida di sua figlia Barbara. “Licche Lacche. 76 regole per imparare a parlare il genovese correttamente” (edizioni Il Golfo, pag. 160, 8 euro) di Franco Bampi, docente della Facoltà di Ingegneria, vicepresidente de A Compagna, sarà presentato domani alle ore 17 alla Società Ligure di Storia Patria di Palazzo Ducale dall’autore con Barbara Schiaffino e Anselmo Roveda. Il titolo significa così così, né si né no, ed è unmodo di dire tipico dei genovesi del maniman. Il libro è un campionario di regole come dev’essere una grammatica vera, ma anche un tuffo all’indietro nel tempo, con modi di dire che ormai non usa quasi più nessuno, ineccepibili nella grafia (bestia nera del dialetto genovese che si basa su leggi non scritte e spesso liberamente interpretate) così come nella descrizione filologica.

Ci sono le parole del nostro mare, da bollezumme (quando l’acqua del mare sembra stia per bollire come la pentola della pastasciutta) ad arzillo (il buon profumo del mare e del pesce fresco), da non confondersi col refrescumme, che è la puzza dei piatti non lavati dove c’è stato il pesce o l’uovo. E pure i falsi amici, ossia parole che assomigliano all’italiano ma non hanno lo stesso significato: perché sciamme non è sciame ma fiamme, scorpion è il geco mentre lo scorpione si dice tancoa. Per colmo d’ironia forchetta è la forcina dei capelli mentre forcinn-a invece è la forchetta. Fino ai versi degli animali, che anche in italiano non sono facilissimi: ecco allora che a lödoa a trilla, l’allodola trilla, e l’ava a borbonna, l’ape ronza; l’aze o râgna, l’asino raglia, e o piccion o mogogna oppure tubba: il piccione tuba. O serpente o sîa, il serpente sibila e o roscigneu o garlezza, l’usignolo gorgheggia.

LUCIA COMPAGNINO
lucia.compagnino@fastwebnet.it

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