franco@francobampi.it

Home > Editi e Inediti > Un dibattito sulle lingue locali

Precedente ] Successiva ]

Che l'inse? giugno 2005 - numero 30
Bollettino informativo della Associazione Repubblica di Genova

Un dibattito sulle lingue locali

Franco Bampi

Sabato 4 giugno 2005, nella Sala Polivalente di Recco, si è tenuto un dibattito sul tema: “Lingua nazionale e parlate locali”. Promotore dell’iniziativa è stata l’associazione recchese “L’ardiciocca – a Compagnia di Recchelin” presieduta dall’attivo ing. Andrea Ognio. Il dibattito, moderato dal prof. Michele Marsonet, ha visto la partecipazione dei professori Franco Bampi, Francesco De Nicola e Franco Monteverde. In una breve introduzione, il moderatore ha proposto il tema ai relatori, che sono intervenuti in ordine alfabetico. Il primo oratore, il prof. Bampi, ha affermato di non vedere speciali conflitti tra le lingue locali e la parlata nazionale; piuttosto il vero nemico è la lingua inglese che sta conquistando tutto, al punto che, purtroppo, stiamo assistendo a pubblicità televisive oramai parlate interamente in inglese. Per evitare questa “colonizzazione linguistica” Bampi ha affermato che, se serve una lingua internazionale, allora che sia l’esperanto, lingua che, per sua natura, tende a lasciare intatti gli idiomi parlati dalla nascita.

Il prof. De Nicola ha preso spunto dalla recente edizione, promossa dalla Presidenza del Consiglio della Regione Liguria, del Vocabolario compilato da Gaetano Frisoni nel 1910, per disquisire sull’evoluzione delle lingue e, in quanto lingua parlata, anche del genovese d’inizio Novecento. Concordando con l’oratore che lo ha preceduto, ha anch’egli espresso preoccupazioni sugli anglismi sempre più presenti nella lingua nazionale, parole inglesi che paiono sempre più difficili da estirpare.

Infine, il prof. Monteverde ha voluto puntualizzare il ruolo delle parlate locali nel contesto di quel patrimonio immateriale rappresentato dalle tradizioni, dagli usi, dall’alimentazione, in una parola dalle radici che ogni popolo porta con sé e la cui perdita rappresenterebbe, specie in un’era di globalizzazione come la nostra, una vero e proprio impoverimento culturale.

Prima di cominciare la seconda tornata di interventi per brevi repliche, il prof. Marsonet ha chiesto ai relatori che cosa, secondo loro, debba intendersi con la parola lingua, rispetto ovviamente alla parola dialetto. Alla fine tutti i relatori hanno ritenuta appropriata l’interpretazione secondo cui una parlata è una lingua se ogni argomento dell’umana attività e dello scibile possa essere espresso compiutamente in tale parlata, ovvero se nulla risulta inesprimibile in quella parlata.

Per tirare le somme, il dibattito si è rivelato molto interessante e stimolante. Nonostante gli intervenuti potessero avere opinioni differenti, in realtà tutti hanno concordato sulla necessità di mantenere vive le parlate locali e le loro varianti per l’elevato valore culturale, sociale e di identità che esse hanno sempre rappresentato e rappresentano per la storia dei popoli.

[ inizio pagina ]