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Il Secolo XIX Sabato 3 marzo 2001

I PRECEDENTI

Dalle mille rinascite di Montecassino
a Erostrato, distruttore per fama

  Il più grande dei Buddha

Il più grande dei Buddha, 53 metri, situato a 150 chilometri da Kabul (Il Secolo XIX - 5 marzo 2001)

I Taleban, ma potremmo dire in ordine sparso i Mamelucchi, croati e musulmani a Mostar, i saraceni un po' ovunque, la mafia nel 1993 e '94 a Firenze e Roma; e poi ancora Zotone, il Principe di Salerno, Guglielmo il Malo, Federico II, Consalvo de Cordova, il generale Champonnet, gli americani. E la seconda serie dei distruttori di opere d'arte hanno in comune una cosa, di essersi accaniti contro lo stesso edificio, l'abbazia benedettina di Montecassino.

I monumenti non vengono colpiti perche, essendo immobili, rappresentano un bersaglio facile; la ragione è un'altra, si vuole distruggere non l'opera in sé ma il suo significato simbolico. Anche quando sembra che non vi sia. Il ponte sulle rive blu della Neretva, a Mostar, non era soltanto uno splendido ponte ottomano costruito nel sedicesimo secolo; era, come tutti i ponti, un modo di comunicare, di passare "dall'altra parte". Per i musulmani raggiungere la città croata e viceversa. Perciò andava distrutto.

I grandi Buddha come la grande Sfinge. Esposta da sempre agli attacchi. Il più grave, nel quattordicesimo secolo, da parte di uno sceicco che ne mutilò il volto per ragioni di fanatismo religioso. Non meno gravi, però, furono i danni provocati al monumento dai Mamelucchi, che si esercitarono a tirare cannonate contro il suo volto.

Il simbolo dell'altrui cultura, da distruggere, da offendere. Azione imperdonabile ma almeno guidata da uno scopo comprensibile. Più difficile, invece, per gli storici, archiviare il gesto di Erostrato, che distrusse il tempio di Diana, a Efeso, considerata una delle sette meraviglie del mondo; soltanto per diventare famoso. Una scemenza, anche se il suo nome non è andato del tutto dimenticato.

La furia del popolo, anche, ha fatto danni. Nella rivoluzione del 1797, a Genova, il popolo distrusse le statue dei Doria, che di recente sono state rifatte e sistemate davanti a Palazzo Ducale. Napoleone rimproverò gli autori del gesto, ma pochi anni dopo egli stesso rimase vittima della furia popolare, quandò, nel 1814, in piazza Acquaverde, venne distrutta una colossale statua dell'Imperatore appena eretta. La testa venne trascinata per tutta la città ed esposta al pubblico ludibrio.

In giorni più vicini a noi in molte città dell'ex Unione Sovietica stessa sorte toccò alle statue di Lenin. Non si verificò l'insurrezione dei critici d'arte, del resto non si può dire che nel realizzare questi enormi ricordi del padre della rivoluzione fu utilizzato molto ingegno. L'importante era celebrare.

Ma non c'è monumento al mondo che sia stato vilipeso quanto l'abbazia di Montecassino. Benedetto da Norcia la fondò nel 520; mai più avrebbe pensato a una storia fatta di devastazioni e ricostruzioni, arrivata fin quasi ai giorni nostri. Nel 717 l'abbazia doveva già essere ricostruita, dopo la furia di Zotone, duca longobardo. L'opera di risistemare pazientemente i mattoni fu di Pertinace da Brescia; un'opera certosina e inutile. Nell'800 due nuove distruzioni, del principe di Salerno e dei Saraceni. E poi ancora Guglielmo il Malo, re di Sicilia nel XII secolo; Federico II, e poi spagnoli e francesi. Infine, la Seconda Guerra Mondiale, l'ultima e più devastante distruzione.

Per fortuna, non sempre la furia ha prevalso. Nei giorni che precedettero la fine del nazismo da Berlino partì un ordine. Radere al suolo Parigi. Un generale tedesco non obbedì e salvò la città: si chiamava Dietrich Von Choltitz. La sua figura fu rievocata nel film "Parigi brucia?" di Rene Clement.

Paolo Giampieri

Panoramica del grande Buddha

La statua di Buddha alta 53 metri situata a Bayman, 150 chilometri a ovest della capitale afghana Kabul (Il Secolo XIX - 4 marzo 2001)

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